sabato 6 settembre 2008

Duras#1

Chi ama la Duras ama almeno tre cose di lei: la profonda cognizione del dolore, l’amore per la vita al di là del patimento, la sua convinzione che la scrittura potesse costituire il mezzo più adeguato per ridare ordine al caos dell’esistenza e fornire una via di accesso all'incomunicabile.

Non può, per questo, che essere benvenuto il libro di Alain Vircondelet (arricchito dalle deliziose illustrazioni di Anne Steinlein), Sur les pas de Marguerite Duras, Paris, Presse de la Renaissance, 2006, che, con affettuosa delicatezza, ripercorre il cammino della D., centrando l’attenzione sul suo mito di fondazione (la perduta unità della famiglia, le terre dell’Indocina francese con la natura esuberante e crudele) e la sua determinazione di diventare scrittrice per capire e poter continuare a vivere. Ella disfa e ricostruisce, in una inesorabile ripetizione, il suo racconto, per attraversare la notte della solitudine, dell’esilio, del disamore e tornare a vedere la luce, la bellezza del mondo e dell’arte. Dice Vircondelet che M. D. era una “donna che ‘andava verso’. Verso dove? Lei non poteva dirlo, ma andava”. E andando, forse, era già là dove voleva arrivare, essendoci con la sua ricerca, coi suoi libri. Scrivendo, metteva i lettori sui suoi propri passi e “li portava molto lontano, nella notte del mondo e del tempo, in quel luogo degli scrittori che sfiora verità e cammini segreti per comprendere”: per questo essi non la dimenticano e continuano a raccogliersi sulla sua tomba, nel cimitero di Montparnasse. L’ho fatto anch’io.   (foto RV)

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