domenica 28 novembre 2010

Modi di dire#12/Paccottiglia


Vendere paccottiglia, erudizione di paccottiglia, produrre opere d’arte che non sono altro che paccottiglia, lusso di paccottiglia… Da dove viene questa parola che sentiamo così spesso impiegata?
Probabilmente essa deriva dallo spagnolo pacotilla (da paquete, forse dal francese paquet), benché sembri attestata in spagnolo solo alla fine del XVIII sec. Designava, in origine, la merce che era imbarcata esentasse dal capitano, dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave allo scopo di farne commercio personale nei mercati coloniali di paesi lontani (“pacotilles d’objet pour échanges avec les sauvages”, A. Daudet). Quindi, metaforicamente, merce di cattiva qualità, di scarso valore, volgare, di cattivo gusto; in arte e letteratura le opere di scarso valore, “commerciali”, e  nella vita quotidiana la miscellanea di oggetti che riempie le case popolari o piccolo borghesi e le botteghe dei rigattieri.
Val la pena di ricordare anche che pacchetto (dal fr., paquet o pacquet), appare in italiano come diminutivo di pacco (oggetto o gruppo di oggetti legati o tenuti insieme da un involucro), benché preceda quest’ultimo, derivando dal francese paquet (dall’antico pacque), a sua volta dall’olandese pak (balla di lana?).

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