venerdì 5 dicembre 2014

Schermaglie#37/Si alza il vento...

Finalmente l’ultimo grande film d’animazione di Hayako Miyazaki è disponibile anche per noi (in Italia), ultimo non solo in senso cronologico, ma perché film d’addio del geniale Maestro giapponese che, come viene ripetuto più volte nel film, ha voluto affermare il senso del limite: «l’arco della creatività dura solo una decina d’anni», anche se quello di Miyazaki è durato oltre 40 anni.
Il padre di Miyazaki aveva una fabbrica che produceva componenti per la produzione degli aerei “Zero”, il famoso aereo da combattimento giapponese progettato dal designer Jiro Horikoshi, alla cui memoria e a quella di Hori Tatsuo (nonché, implicitamente, a quella del padre di Miyazaki) il film è dedicato. «Gli aeroplani sono uno splendido sogno» e in questo sogno compare anche il conte Giovanni Battista Caproni (1886-1957), pioniere dell’aviazione italiana, in quegli anni idolo dei progettisti di aerei.
Horikoshi affronta tutte le difficoltà e gli insuccessi che si susseguono pur di tener fede al sogno e, di fronte a ogni ostacolo,  viene ripetuto il verso di Paul Valéry che dà il titolo al film: «Si alza il vento, bisogna tentare di vivere»: il vento simbolo delle difficoltà e anche condizione di ogni creazione (ritorna la colomba di Kant!). È questa la filosofia del film: l’impegno a dispetto di tutti i problemi, dell’impermanenza intrinseca alla vita, della eterogenesi dei fini che porta spesso a conseguenze diverse da quelle attese, generando anche dolore e distruzione. Jiro, accompagnato dall’immagine di Caproni, sa affrontare gli impedimenti del lavoro (gli aerei Zero, finalmente realizzati, saranno usati dai kamikaze e tutti distrutti nella Seconda guerra mondiale), della vita collettiva (terremoto del 1923, crisi del 1929, condizioni del Paese) e privata (malattia e morte della sua amata).

Qualcuno ha voluto scioccamente attaccare il film come nazionalista e bellicista, non comprendendone il significato più vero che è quello di affermare che il buon gusto e i sogni devono essere difesi e inseguiti, nonostante tutto, in una visione della vita impegnata, matura, drammatica, ma non depressiva. E il conte Caproni, alla fine, ci invita tutti a bere un buon bicchiere di vino (italiano).

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