martedì 3 febbraio 2015

Zweig e la Menorah perduta

Stefan Zweig (1881-1942), scrittore di romanzi, saggi, biografie, è autore dell’indimenticabile Il mondo di ieri; le sue opere hanno ricevuto numerosi adattamenti cinematografici, teatrali e televisivi, l’ultimo dei quali (2013) è il pregevole Una promessa, di Patrice Leconte,  tratto dal romanzo Viaggio nel passato. Ebreo, antinazista, Zweigh è stato un intellettuale europeo ante litteram, ma che l’Europa non ha saputo proteggere: libri al rogo, leggi razziali, fughe, esilio in Brasile, dove, nostalgico testimone di un mondo inghiottito, morì suicida nel 1942.
Il romanzo breve Il candelabro sepolto è del 1937 ed ha per soggetto una leggenda riguardante la Menorah, il candelabro d’oro a sette bracci, che era collocato nel Tempio di Gerusalemme ed è il più antico simbolo ebraico, oggi presente nello stemma dello Stato di Israele. Con la distruzione del Tempio nel 70 d. C. operata dall’imperatore Tito, la Menorah fu portata a Roma  come trofeo per poi scomparire: da qui le numerose leggende, su cui ci intrattiene la dotta postfazione di Fabio Isman contenuta nella attuale edizione Skira.
Il racconto è ricco di profonde riflessioni spirituali e pieno di amore per il popolo ebraico, amore che viene trasmesso anche a noi lettori che viviamo in un’altra epoca e spesso sottovalutiamo o dimentichiamo cosa significhi l’esistenza dello Stato di Israele per il popolo ebraico (il quale oggi si prepara ad accogliere, ed è una vergogna per l’Europa, 120.000 ebrei che, in cerca di sicurezza, forse lasceranno la Francia!).

In questi giorni di dolorose ferite, in cui «cadono fiori su fiori dall’albero della tristezza» (Hesse), Il candelabro sepolto è una confortante lettura che insegna cosa può essere un’attesa umile, paziente e illuminata. Ricordiamo le parole di W. Benjamin: «per gli ebrei, il futuro non era un tempo omogeneo e vuoto. In esso, ogni secondo era la piccola porta da cui poteva entrare il Messia».



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