giovedì 13 febbraio 2014

Schermaglie#34/Bergman e il silenzio di Dio

La fontana della vergine di Ingmar Bergman (1959): in una Svezia medioevale due pastori e un bambino violentano, uccidono e rapinano la fanciulla Karin, fiduciosa e indifesa nella sua purezza, che si stava recando alla chiesa fuori del suo villaggio per portare delle candele. Bergman ci fa assistere alla progressiva coscienza del male ineluttabile che si dipinge sul volto della vittima e, successivamente, alla consapevolezza nei genitori della ragazza del delitto che è stato compiuto. Il padre Töre opererà la vendetta e griderà a Dio: «Non ti capisco. E come si potrebbe capire un Dio che vede il male e non lo impedisce?» Ma egli ha, tuttavia, bisogno di riconciliarsi con le sue mani sporche di sangue, mutando la vendetta in opera di giustizia. Il Dio che non interviene e non risponde è realtà necessaria per una triangolazione che renda possibile il passaggio dal male al bene mediante il rapporto con un vertice transindividuale, qui rappresentato dal dio della trazione cristiana. Infatti, nel film, realizzato questo passaggio, una fonte comincerà a zampillare nel luogo della violenza e del male, consentendo a tutti di purificarsi, segno più che di una risposta di Dio, del cambiamento di coscienza del protagonista.

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