martedì 31 dicembre 2013

Figure della speranza#3/Almanacchi, almanacchi nuovi...

Non eadem est aetas, non mens/L’età non è più quella, e l’animo neppure

Inizio d’anno, tempo di calendari, lunari, almanacchi [dall’arabo al-manākh, termine col quale si indicavano tavole astronomiche]. Gli almanacchi erano anche degli annuari, volumi con quali enti o case editrici pubblicavano, in tempi in cui i canali di comunicazione non erano quelli di oggi, statistiche, resoconti, bilanci. Chi ha la mia età forse ricorda l’americano The People’s Almanac (con sezioni sulle nazioni, stranezze, sopravvissuti, etc.), il tenero Almanacco delle famiglie della Sonzogno (con ricette di cucina, morte di personaggi storici, racconti, etc.), i più recenti Almanacco italiano della Giunti e l’Almanacco letterario Bompiani: da consumare vicino ai focolari di campagna o in salotto, pensando all’anno trascorso e immaginando quello che il nuovo avrebbe apportato.
L’usanza non sfuggì a Leopardi che dedicò una delle sue Operette morali al Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere. In essa i due si soffermano sugli anni trascorsi, nei quali si è sperimentato più male che bene e che quindi che non si vorrebbe tornare a rivivere come, ingenuamente, tutti di primo acchito affermano di desiderare cedendo alla nostalgia. Meglio puntare sul futuro, che essendo ignoto, si può “sperare” sia migliore e su questa ignoranza fondare la volontà di vivere ancora. Così il passeggere prima confonde, poi conforta e giustifica il venditore, spacciatore di illusioni attraverso gli almanacchi nuovi. Ed è quello che anche noi facciamo con l’invio degli “auguri” che di anno in anno inutilmente ripetiamo, credendo sempre meno di poter auspicare un futuro migliore, ma per testimoniare piuttosto che non ci siamo dimenticati di chi è lontano e rassicurare del nostro affetto chi è vicino.
Scriveva il Leopardi:
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.


Il testo completo, per chi non lo avesse cartaceo, in http://www.leopardi.it/operette_morali23.php

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