Patrick Modiano è uno scrittore oggi di grande successo in Francia. Autore di molti romanzi, è nato nel 1945 e il cognome lo rivela figlio di un italiano, ebreo emigrato in Francia nel 1942 dove, nella Parigi occupata, incontra quella che sarà la madre di Patrick. Personaggio misterioso, il padre, deportato, viene rapidamente liberato per l’intervento di qualche autorevole personaggio. Sempre occupato dai suoi affari incontra saltuariamente, in alberghi o stazioni, il figlio che, a 17 anni, decide di non rivederlo più e che si disinteresserà di lui, perfino della sua morte. Questi elementi biografici lasciano segni indelebili in Patrick che, divenuto scrittore (sarà Raymond Queneau a introdurlo nel mondo letterario), emergeranno nelle sue opere, caratterizzate dal tema dell’identità e da quello (connesso al primo) del rapporto coi genitori.
Il romanzo La Petit Bijou [2001; tr. it. col tit. Bijou, 2005] è la storia di una giovane donna, Thérèse, che in una stazione della metropolitana parigina crede di riconoscere la madre tra la folla dell'ora di punta. Non la vedeva da quando era piccola e comincia a seguirla, affascinata dal suo logoro cappotto giallo. I tentativi di approccio, la mancanza di coraggio per affrontarla in un diretto faccia a faccia, la progressiva scoperta della condizione miserabile in cui ella vive sono l’occasione per far riaffiorare ricordi di abbandono, sradicamento, solitudine e la presa di coscienza della propria precarietà esistenziale. Dall’archivio disordinato di memorie riaffiora il fallimento della madre come ballerina, cui fa riscontro quella di Thérèse bambina che aveva recitato a fianco della madre in un film ormai dimenticato. Le era stato dato il nome d'arte di Bijou e quel nome è rimasto come il marchio del suo fallimento, del rifiuto e della delusione materna nei suoi confronti. Il tentato suicidio finale potrebbe essere l’avvio per un nuovo inizio, ma solo un gratuito ottimismo può farlo pensare.
Alcuni nomi di personaggi sembrano rimandare a Balzac, tuttavia lo scenario è uno scenario di cruda modernità: non ci sono cipressetti (carducciani), monti sorgenti dalle acque (manzoniani), distese di biancospini (proustiane), ma la grande città fatta di strade, stazioni, metropolitane, caffè e farmacie, una città labirinto specchio dei labirinti dell’anima. La storia straziante ci presenta la più cruda delle miserie, quella della mancanza di identità e di riferimenti, di figure di attaccamento e di modelli: ciò che sembra ovvio quando viene ricevuto in dono (familiare e sociale) diventa una meta irraggiungibile per chi, situato alla periferia della vita, cerca di raggiungerlo inseguendo incubi, fantasie, ectoplasmi come l’improbabile e misterioso cappotto giallo.