domenica 22 marzo 2009

Muriel Barbery, L’eleganza del riccio, tr. it., Roma, Edizioni e/o, 2008

Di questo libro, il cui successo testimonia di una insospettata sensibilità in una vastissima fascia di lettori, si possono apprezzare molti aspetti: la struttura del racconto organizzato a più voci e su registri diversi, la spigliatezza narrativa, il tema della differenza (generazionale, sessuale, sociale) e quello del nascondimento, l’allargamento degli orizzonti culturali (l’autrice ha soggiornato in Giappone), le riflessioni filosofiche profonde ma svolte con mano leggera. E soprattutto i modi della sensibilità, nutriti di una non dichiarata spiritualità buddhista ma che costituisce l’aroma di tutto il libro. Si prenda, come esempio, il “rituale” del tè, umilmente ma intensamente consumato dalla portiera e da una sua amica, nella conciergerie del ricco condominio di rue de Grenelle per “incastonare nell’attimo una gemma di infinito”. Un rituale, cioè qualcosa di immutabile “cui avevamo dato vita insieme affinché, un pomeriggio dopo l’altro, esso si radicasse nella realtà tanto da darle senso e consistenza” […], fecondando il tempo con “un po’ di eternità. Fuori il mondo ruggisce o si addormenta, […] avanza, si infiamma, si strazia e rinasce, si agita la vita umana. Allora beviamo una tazza di tè […]. Quel puntuale rinnovarsi degli stessi gesti e della stessa degustazione, quell’accesso a sensazioni semplici, autentiche e raffinate, quella libertà concessa a tutti […] di diventare aristocratici del gusto, […] perché il tè ha la straordinaria virtù di aprire una breccia di serena armonia nell’assurdità delle nostre vite. Sì l’universo tende segretamente alla vacuità, le anime perdute rimpiangono la bellezza, l’insensatezza ci accerchia. Allora beviamo una tazza di tè... e, a ogni sorso, il tempo si sublima”. Le due protagoniste poi, la portiera e la ragazza adolescente, due escluse dal mondo attivo degli adulti “ordinari” , sono la metafora della vita attenta e consapevole. Infine, il tema della morte è affrontato non solo con maestria letteraria, ma con originale profondità e delicatezza di visione.

Ma qui desidero soffermarmi su un’osservazione illuminante fatta dall’A. a proposito dei neuroni specchio, oggi tema scientifico alla moda. Di essi scrive Corrado Sinigaglia (autore con G. Rizzolatti, del vol. So quel che fai, 2006): “Dagli atti più elementari e naturali, come afferrare del cibo con la mano o con la bocca, a quelli più sofisticati, che richiedono particolari abilità, come l'eseguire un passo di danza, una sonata al pianoforte o una pièce teatrale, i neuroni specchio consentono al nostro cervello di correlare i movimenti osservati a quelli propri e di riconoscerne così il significato. Senza un meccanismo del genere potremmo disporre di una rappresentazione sensoriale, di una raffigurazione ‘pittorica’ del comportamento altrui, ma questa non ci permetterebbe mai di sapere cosa gli altri stanno davvero facendo”. Su questo, Muriel Barbery si domanda: “Mi è venuta un’idea inquietante, a dire il vero, forse vagamente proustiana […]. E se la letteratura fosse una televisione in cui guardiamo per attivare i neuroni specchio e concederci a buon mercato i brividi dell’azione? E se, la letteratura fosse una televisione che ci mostra tutte le occasioni perdute?”. In altri termini, osservando i movimenti, i gesti perfetti (nella danza, in una liturgia, in una gara sportiva), ascoltando una musica o, grazie al secondo sistema di segnalazione (come suggerisce il vecchio pavloviamo che è in me), anche attraverso la lettura di un testo, quei momenti/livelli di perfezione, di pienezza, di armonia, che l’artista-l’esecutore-lo scrittore ha raggiunto si comunicano anche a noi, ci coinvolgono, producono quelle identificazione profonde che proviamo da spettatori-ascoltatori-lettori quando osserviamo-ascoltiamo-leggiamo. Meritano dunque tutta la nostra attenzione il dono che riceviamo quando “viviamo” opere d’arte, di letteratura o di musica e l’accesso che esse ci consentono al mondo dello Spirito, di cui ogni artista è messaggero ed interprete.

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