lunedì 16 marzo 2015

Papa Francesco e le stragi dei cristiani (e non solo)

Di fronte alle stragi di cristiani (e non solo) Papa Francesco sembra in difficoltà a esprimere una forte condanna e una precisa indicazione  di intervento nei casi in cui la linea della preghiera e della misericordia a tutti i costi rischia di diventare o almeno di apparire come una forma di complicità con gli aggressori.

Sarebbe per questo opportuno ricordare come papa Giovanni Paolo II, un papa che non ha mai cessato di affermare che la guerra non può essere la via per risolvere i conflitti internazionali, di fronte a quanto stava negli anni Novanta accadendo nei Balcani e in Medio Oriente, non aveva esitato a operare la definitiva assunzione del concetto di “ingerenza umanitaria”, abbandonando la dimensione profetica e collocandosi sul piano della concretezza storica: «Una volta che tutte le possibilità offerte dai negoziati diplomatici, i processi previsti dalle convenzioni e dalle organizzazioni internazionali siano stati messi in atto, e che, nonostante questo, delle intere popolazioni sono sul punto di soccombere sotto i colpi di un ingiusto aggressore, gli stati non hanno più il “diritto all’indifferenza”. Sembra proprio che il loro dovere sia di disarmare questo aggressore» (al Corpo diplomatico, L’Osservatore romano, 17.1.1993). E ancora (nell’Udienza gen., del 120194): «La Sede Apostolica, da parte sua, non cessa di ricordare il principio dell’intervento umanitario. Non in primo luogo un intervento di tipo militare, ma ogni tipo di azione che miri a un “disarmo” dell’aggressore. È principio che nei preoccupanti avvenimenti dei Balcani trova una precisa applicazione. Nell’insegnamento morale della Chiesa ogni aggressione militare è giudicata come moralmente cattiva; la legittima difesa invece è ritenuta ammissibile e talora doverosa. La storia del nostro secolo ha fornito a tale insegnamento numerose conferme».

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