martedì 28 settembre 2010

Modi di dire#10/Franchi tiratori

Qual è l’origine di questa espressione? Per conoscerla dobbiamo risalire almeno alla guerra franco-tedesca del 1870, che oppose la Francia del Secondo Impero ai regni germanici uniti, quando i soldati tedeschi invasori si vedevano sovente insidiati alle spalle da gruppi di “franchi (cioè liberi, ove franco ha il significato di sincero, onesto, esplicito e, quindi, libero da ogni dipendenza, servitù, dominio) tiratori” che si erano formati alle loro spalle. Costituivano questi una sorta di milizia popolare volontaria, non inquadrata nell’armata imperiale, ma non priva di un suo statuto legale. Una disposizione imperiale del 1868 ne riconosceva infatti la legittimità, fissando nel contempo alcuni obblighi per gli appartenenti (che dovevano provvedere autonomamente a equipaggiamento, armamento e uniformi, risultanti, appunto, abbastanza difformi tra loro!). Il generale Helmuth von Moltke, comandante dei soldati tedeschi, con una direttiva del settembre 1870 negava, invece, ogni riconoscimento a queste formazioni, esplicitando che gli appartenenti a esse in quanto “irregolari” sarebbero stati assimilati a malfattori, soggetti a un consiglio di guerra immediato che poteva condannarli alla pena di morte e che i villaggi, dove fossero avvenuti agguati da parte di tiratori non identificati, sarebbero stati considerati collettivamente responsabili e oggetto di rappresaglie (come accadde, ad es., a Bazeilles, presso Sedan).

Durante la seconda guerra mondiale troviamo la locuzione nuovamente impiegata per designare una organizzazione armata di resistenza all’occupazione militare tedesca, detta F.T.P., Francs-tireurs et partisans, creata dal Fronte nazionale. Essa fu poi sciolta nell’ottobre 1944, quando venne integrata nell’armata del generale de Lattre.

Se l’espressione è stata impiegata in seguito nell’accezione di persona che, lavorando da sola, professa indipendenza di spirito senza piegarsi a discipline imposte dall’esterno, è nel linguaggio politico italiano degli anni Cinquanta che assume il significato, oggi prevalente, in riferimento a chi, appartenente a un partito o a uno schieramento, in votazioni segrete, vota in modo diverso da quello deciso ufficialmente dal proprio partito o schieramento. Viene ricordato, in proposito, quanto osservava Gino Pallotta, giornalista e saggista, nel suo Dizionario politico e parlamentare (Roma, Newton Compton, 1976): «nel franco tiratore parlamentare c’è, riflessa, l’immagine del “cecchino”, che, nascosto, tira all’improvviso». Questo ha fatto passare, nel corso di un secolo, la figura del franco tiratore da quella dell’oscuro eroe popolare a quella del traditore che, approfittando della segretezza, non esista a trasgredire le indicazioni del proprio gruppo di appartenenza.

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