martedì 12 maggio 2009

Unde mala?

Fin dall’antichità classica era parsa evidente la difficoltà di conciliare la presenza del male nel mondo con l’idea di una divinità buona e onnipotente. Nel suo famoso tetralemma Epicuro osservava: “La divinità o vuole abolire il male e non può; o può e non vuole; o non vuole né può; o vuole e può. Se vuole e non può, bisogna ammettere che sia impotente, il che è in contrasto con la nozione di divinità; se può e non vuole, che sia malvagia, il che è ugualmente estraneo all'essenza divina; se non vuole e non può, che sia insieme impotente e malvagia; se poi vuole e può, sola cosa conveniente allla sua essenza, donde provengono i mali e perché non li abolisce?”

Gli interrogativi di Epicuro, ripresi da Pierre Bayle (1647-1706), provocarono la “risposta” di Leibniz, che introdusse il termine teodicea per la sua tesi giustificazionista di Dio di fronte al male. Tale teoria fu avversata da Voltaire e confutata da Kant. Il tremendo terremoto di Lisbona del 1756 spinse Voltaire a scrivere il Poème sur le désastre de Lisbonne, in cui lucidamente esprime i suoi dubbi sull’organizzazione razionale del mondo. Essendo fortunatamente disponibili in rete sia il testo originale (http://fr.wikisource.org/wiki/Poème_sur_le_désastre_de_Lisbonne) sia una traduzione italiana (http://digilander.libero.it/hyroniche/poema.htm), rimando con piacere ad essi per approfondire la riflessione già qui avviata in data 8 aprile 2009.

Voltaire ne trattò ancora nel suo Dictionnaire philosophique portatif (oltre che nel Candide) e la discussione teologica sul tema continua. Due sole segnalazioni: Forme e figure del male “dopo” la teodicea (Teologia e filosofia, 1995, n. 2) e Cristianesimo senza teodicea?, Stresa, Edizioni rosminiane Sodalitas, 2004.

3 commenti:

Steve ha detto...

Il problema della teodicea è in effetti affascinante: anche se ho sempre ritenuto molto più interessante la domanda simmetrica - unde bona?
La mia personale impressione è che ci sia più bene che male, e che questo tenda ad essere più evidente per contrasto - un po' come una riga sottile su un foglio bianco è immediatamente visibile, mentre trascuriamo l'ampiezza dello spazio bianco.
Come unica esile prova, potrei portare l'osservazione empirica: quando il "male" (dolore, sofferenza, disordine, malattia, disgrazia) è "troppo" semplicemente sopraggiunge la morte, che è l'approssimazione più vicina al nulla che ci è dato di vedere. Ovvero, come se il male "implodesse" necessariamente... forse sono un po' agostiniano :)... non so.

Riccardo ha detto...

Se dal quantitativo ci spostiamo al qualitativo forse si fa più chiaro il vero problema, che è quello della nostra collocazione. Vogliamo sentirci complici del fatto che la gazzella sia sbranata dal leone o degli stermini o anche del dolore di un solo bambino? O prendere le distanze e lasciare che la nostra coscienza morale sia libera di disapprovare? Constatare non è approvare e Buddha sembra suggerirci che le cose non possono andare diversamente (nel determinato il dolore): Il cristianesimo promette che "poi" le cose saranno organizzate in maniera diversa; domandiamo: non si poteva fare così dall'inizio? È vero, anche il dolore è impermanente, il disordine si autodistrugge: con la scomparsa del soggetto scompare anche la sofferenza: se la casa è sporca o in disordine si può anche distruggere la casa e tutto torna pulito e in ordine! Un bel lietofine! Riflettiamo, dunque, e niente disputa tra ottimisti e pessimisti, anche perché - si sa - il pessimista è un ottimista informato...

Steve ha detto...

già, infatti. né pessimismo né ottimismo... o quasi. Il discorso è molto interessante! IMHO affermare che esiste la Cessazione del dolore può significare che il dolore non è necessario. C'è. Ma può finire. Ottimo direi! e può finire in ogni momento. Questo mi suscita un circospetto ottimismo.
Ma io sto parlando dal "mio" punto di vista che è quello di un uomo. Di Dio che posso dire? :) Le spiegazioni sono state molte... e forse il male e il dolore sta li perché noi ci si prenda carico di questo: è un problema per la mia libertà e per le mie possibilità. Ma argomento per ipotesi, ovviamente...