giovedì 13 novembre 2008

Westner-yana?

Il buddhismo, come noto, una delle grandi religioni universali dell’umanità, nato in India e largamente diffuso in Asia, è oggi presente come significativa minoranza religiosa in Occidente e nel nostro Paese. Si tratta, tuttavia, ancora quelle di un buddhismo d’importazione (con appartenenze e denominazioni che sono proprie delle scuole di provenienza, con liturgie, manifestazioni, modi di rappresentarsi adeguati a contesti culturali altri) e non di un buddhismo occidentale che possa rispondere ai quesiti relativi alla possibilità di inculturazione e — non più emarginato come uno dei tanti gruppi esotici o new age — essere in grado di offrire risposte alle attuali esigenze di spiritualità presenti in Occidente. È ancora allo stato nascente un lavoro di inculturazione che possa essere paragonabile a quello svolto, in modo incredibilmente fecondo, in India, in Cina, in Giappone e che ha consentito — come è stato detto — che esso potesse svilupparsi e maturarsi, ricevendone, rispettivamente, filosofia, pratica, sensibilità. “Non c’è un unico buddhismo”, scrive il maestro vietnamita Thich Nath Hanh, “gli insegnamenti del buddhismo sono molteplici. Quando il buddhismo viene introdotto in una nuova cultura, questa ne produce invariabilmente una forma nuova […]. Sono convinto che l’incontro tra il buddhismo e l’Occidente sarà davvero interessante, produrrà qualcosa di molto importante”. Tuttavia, trattandosi di una tradizione che, da un lato, si è sviluppata lontana da Eschilo e Platone, dal diritto romano e dal cristianesimo, da Pico della Mirandola (De hominis dignitate) e da Cartesio (Cogito), dai “lumi” e dal romanticismo, da Nietzsche e da Freud, ossia dalle radici identitarie della nostra civiltà, dall’altro, si è proposta mete e obiettivi spesso antitetici a quelli della cultura occidentale, le difficoltà non sono trascurabili. Ciò nonostante, da più parti l’esigenza di costruire una via occidentale al buddhismo viene avanzata: da studiosi, da esponenti di altre religioni, da laici (assai meno da scuole e centri buddhisti). Due esempi: il volume di Frédéric Lénoir (studioso, giornalista, direttore della rivista Le Monde des religions), La rencontre du bouddhisme et de l’Occidente, Paris, Albin Michel, 1999), che esamina questo incontro secondo il suo svolgimento storico e nelle sue dimensioni sociali attuali, e l’articolo di p. Michael Fuss (gesuita, docente all’Università gregoriana, autore dell’importante volume Buddhavacana and Dei Verbum, Leiden, Brill, 1991 sul Sutra del Loto), The Emerging Euroyana, in Dharma World, may-june 2005, sulla presenza del buddhismo in Occidente e il dialogo con la Chiesa cattolica.
Le religioni sono interpretabili come dei paradigmi linguistici, dotati di un lessico (un sistema di simboli condivisi, attinti da una determinata cultura), di una grammatica (l’insieme dei concetti, delle pratiche e dei valori), di una sintassi (l’articolazione tra questi concetti e le modalità di dialogo con altri linguaggi) e di una retorica (i modi del comunicare e del persuadere). Il buddhismo è uno di questi paradigmi e, per effettuarne un valido confronto coi princìpi e le strutture sociali proprie della cultura occidentale, si rende necessario un approfondimento dei fondamenti della dottrina e della pedagogia spirituale buddhiste, al fine di svincolarli da interpretazioni legate a tradizioni culturali arcaiche o da volgarizzazioni banalizzanti. Il peggiore dei tradimenti che possa essere operato dell’insegnamento dell’Illuminato riteniamo sia, infatti, quello rappresentato dalla tendenza, oggi assai manifesta e diffusa, della sua trasformazione in ideologia. Di fronte a forme di militanza dottrinaristiche e unilaterali, mistificanti e manipolatorie, per tentare di offrire un contributo a questa “europeizzazione” del buddhismo va riscoperto tutto il valore di una riflessione rispettosa e lucida, collocandosi in una posizione “di soglia”, nella convinzione che, come si espresse Sainte-Beuve, spesso “dobbiamo rimanere sulla soglia. Essere lì significa già tanto”, evitando di fare come gli stolti di cui il poeta A. Pope diceva che “si affollano là dove gli angeli esitano a entrare”: la domanda sarà, pertanto, da privilegiare rispetto alla risposta, il metodo al sistema, il processo all’ente. Una riformulazione del Buddhadharma adeguata al nostro attuale contesto culturale occidentale, sviluppato, complesso, postmoderno… riteniamo non possa realizzarsi senza fare i conti con la spiritualità cristiana, con la scienza, lo spirito critico e comparativo, la democrazia e, soprattutto, senza riconoscere l’assunto etico generale del valore della centralità della persona ossia della promozione, difesa e rispetto del soggetto, dei sui diritti-doveri inviolabili e non negoziabili (diritti dell’uomo), della sua automia illuminata.

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