venerdì 14 novembre 2008

Sulla pazienza#2

Nella omelia pronunciata (in occasione dell’inizio del ministero petrino del vescono di Roma) il 24 04 05 Benedetto XVI ha parlato della pazienza di Dio: “Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini”.

Si parva licet componere magnis queste parole mi fanno riflettere sulla pazienza del (buon) terapeuta che, incoraggiando, fiduciosamente attende il cambiamento come esito del suo intervento.

3 commenti:

PanDharma ha detto...

"Prova"...di pazienza nell'iscriversi al blog e capire come funziona ;-)
un abbraccio

PanDharma ha detto...

Si ritrova in Whitaker il concetto di "growing edge", il margine che cresce; secondo il quale, scevro da qualsiasi azione finalistica, il terapeuta possa "semplicemente" detergere la "ferita" permettendo ai tessuti di generare nuove cellule e ritrovare la propria capacità di autoguarigione. La metafora fisiologica rende bene l'atteggiamento paziente del terapeuta.
E' curioso come lo stesso Whitaker, "padre" della terapia simbolico-esperienziale, fosse solito spingere concettualmente alle estreme conseguenze un concetto disfunzionale espresso da un paziente fino a portarlo all'estremo dell'assurdità, facendone crollare le premesse, ma mettendo a dura prova la pazienza del paziente prima della eventuale risata liberatoria: azione che metaforizzata potrebbe ricordare l'incisione di una pustola infetta.
...il discepolo disse che il Maestro spiegò come vi fossero due tipi di pazienza: l'una attiva, l'altra passiva. Quando lui utilizzava quella passiva il Maetro lo batteva, quando utilizzava quella attiva il Maestro si faceva battere da lui...finchè capì.
un abbraccio

Riccardo ha detto...

e Jung dice "dobbiamo anzitutto accompagnare il paziente lungo la via della sua malattia, la via del suo errore [...] nella speranza che dal profondo della psiche, da cui proviene la devastazione, spunti anche il rimedio che lo salverà".