domenica 28 novembre 2010

Modi di dire#12/Paccottiglia


Vendere paccottiglia, erudizione di paccottiglia, produrre opere d’arte che non sono altro che paccottiglia, lusso di paccottiglia… Da dove viene questa parola che sentiamo così spesso impiegata?
Probabilmente essa deriva dallo spagnolo pacotilla (da paquete, forse dal francese paquet), benché sembri attestata in spagnolo solo alla fine del XVIII sec. Designava, in origine, la merce che era imbarcata esentasse dal capitano, dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave allo scopo di farne commercio personale nei mercati coloniali di paesi lontani (“pacotilles d’objet pour échanges avec les sauvages”, A. Daudet). Quindi, metaforicamente, merce di cattiva qualità, di scarso valore, volgare, di cattivo gusto; in arte e letteratura le opere di scarso valore, “commerciali”, e  nella vita quotidiana la miscellanea di oggetti che riempie le case popolari o piccolo borghesi e le botteghe dei rigattieri.
Val la pena di ricordare anche che pacchetto (dal fr., paquet o pacquet), appare in italiano come diminutivo di pacco (oggetto o gruppo di oggetti legati o tenuti insieme da un involucro), benché preceda quest’ultimo, derivando dal francese paquet (dall’antico pacque), a sua volta dall’olandese pak (balla di lana?).

venerdì 19 novembre 2010

Madeleines de Commercy

Con l’autunno sono tornate le madeleines, piccolo dolce di nobili origini e grande tradizione. La loro storia?
Stanislao Leszczyński, re di Polonia in esilio, duca di Lorena, aveva stabilito la sua residenza a Commercy e a Luneville  (con una splendida corte e un’animata vita culturale). Nel 1755 in occasione di una festa data nel 1755 nel castello di Commercy, una delle  inservienti, Madeleine Paulmier, aveva preparato come dessert un dolce tradizionale del luogo (a base di farina, uova, zucchero e burro), dalla forma originale di conchiglia, a cui il re diede il nome di Madeleines de Commercy. Essendo la figlia di Stanislao, Maria Leszczyńska, regina di Francia, moglie di Luigi XV dal 1725, il dolce raggiunse i saloni di Versailles e, in seguito, uno dei pasticceri di Stanislao ne cominciò la produzione commerciale che è, nella sua forma autentica, arrivata fino a noi. Altro momento di notorietà per le madeleines fu quello che esse ebbero in occasione dell’inaugurazione della ferrovia Parigi-Strasburgo (1852) da parte di Napolone III, quando la corte imperiale sostò a Commercy per una colazione, nella quale esse troneggiavano come prodotto tipico del luogo.
Un’altra tradizione lega le madeleines all’origine dei pellegrinaggi a Saint-Jaques-de-Compostelle (intorno al IX sec.), occasione, per una ragazza di nome Madelaine, di offrire al pellegrini questo dolce (modellato nella  conchiglia Saint-Jaques, emblema del pellegrinaggio). I due racconti possono, tuttavia, non essere in contrasto se, come detto, il dolce preparato dalla Paulmier era già nella tradizione del luogo.
Ma la fama delle madelaines è indiscutibilmente connessa alla Recherche proustiana. Marcel, in una famosa pagina del libro, ne parla come esempio della “memoria involontaria”, attivato da «questi dolci corti e paffuti che chiamano Petites madelaines e che sembrano modellati dentro la valva scanalata di una “cappasanta”». Il sapore di una madeleine riporta Proust all’infanzia a Combray: i ricordi di quel tempo sembravano disgregati, niente sopravviveva, «le forme — compresa quella della piccola conchiglia di pasticceria, così grassamente sensuale sotto la sua pieghettatura severa e devota — erano scomparse»; ma ecco che grazie a quel sapore egli, nella coincidenza di passato e presente, si sottrae alla transitorietà del tempo e può intuire l’essenza delle cose. La “resurrezione” di Cambray gli consente così di iniziare «il pellegrinaggio devoto alla ricerca del tempo perduto e della verità, un itinerario che — a differenza di quanto avveniva nel medioevo — non comporta nessuna mortificazione della sensibilità, ma anzi ne esalta il valore. Devoto e sensuale, dunque, un paradosso solo apparente che racchiude in un’estrema condensazione il significato del libro» (dal commento di Alberto Beretta Anguissola a Dalla parte di Swann).
La nostra infanzia povera non ci ha fatto conoscere madeleines da rievocare, ma la più ricca maturità ci fa riandare alle letture proustiane. E non è poco: non aveva, lo stesso Proust, affermato che «la vita finalmente riscoperta e illuminata, la sola vita, dunque, pienamente vissuta, è la letteratura»?


(foto da Wikipedia)

venerdì 12 novembre 2010

Sul tempo#3/Eliade e il perder tempo

«Raramente puoi vivere in maniera più sorprendente, più fertile, che nei momenti in cui perdi il tempo. In effetti, soltanto in tal caso puoi sentire veramente; negli altri casi ascolti solo per fare una replica o per completare un’informazione. […] Questa felice perdita di tempo è una completa apertura, un completo svuotamento» (in Oceanografie, cit. in I. P. Coulianu, Mircea Eliade, Assisi, Cittadella Ed., 1978).
Un tempo vuoto, ogni tanto, ha il valore di un fare il bucato per la mente (per usare un'espressione del mio Maestro Ichishima) e questo va bene, ma poi? E voi?

venerdì 5 novembre 2010

Modi di dire#11/Nostalgie tripartite

Nostalgia della tripartizione dello spazio (ciò che è vicino a me che parlo o scrivo, vicino a te a cui parlo o scrivo, lontano da entrambi), alla quale corrisondono tre gruppi di aggettivi (dimostrativi) e avverbi (di luogo).
Le grammatiche ci ricordano, infatti, che questo, codesto/cotesto, quello si usano per designare oggetti collocati rispettivamente vicino a chi parla, a chi ascolta, lontani da entrambi. Esempio: Quando lascerò questa casa verrò a casa tua, ma in codesta mi troverò ristretto, non come potrei stare in quella di tuo fratello.
Se qui e qua si riferiscono a un luogo vicino a chi parla e meno vicino o lontano da chi ascolta, costì e costà (con i composti costassù e costaggiù) si riferiscono a un luogo lontano da chi parla, ma vicino a chi ascolta, indicando, preferibilmente, costì un luogo puntuale, costà un’area senza delimitazione precisa; e si riferiscono, invece, a un luogo lontano da chi parla e da chi ascolta. Esempi: Verrò da te e quando sarò costì potremo cenare insieme; poi ci recheremo là dove siamo stati lo scorso anno. — Verrò in Italia e quando sarò costà visiterò molti musei. — Silenzio costassù! — Che fai costaggiù? E in questi due versi di Dante troviamo insieme rappresentanti delle due classi: E tu che se’ costì, anima viva, partiti da cotesti che son morti.