finestre e medaglioni della casa dei ritratti in via del Governo vecchio
Blog: un’occasione per parlare di sé ma non per sé, un tentativo di arginare lo spreco di esperienze, pensieri, emozioni, offrendone qualche frammento e fidando sul potenziale di universalità che è in ognuno; per riannodare fili, stabilire legami; come mani, parole tese verso…
sabato 27 settembre 2008
venerdì 26 settembre 2008
ancora sulla costrizione (v. sogno, 9 set. 2008)
恩
il legame che la nostra sensibilità avverte tra costrizione e dolore è ben evidenziato dal kanji (carattere cinese adoperato per il giapponese) impiegato per esprime gentilezza, bontà, misericordia (pron. ON), composto dall'unione del carattere del cuore con quello di un uomo prigioniero (chiuso in uno spazio delimitato): dunque, il sentimento di pietà che proviamo verso chi soffre perché è immobilizzato, confinato, costretto.
giovedì 25 settembre 2008
Duras#2
Le Square, Paris, Édition Gallimard (“square” in francese “giardinetto”, di solito al centro di una piazza, delimitato da una cancellata) è un romanzo (più che un romanzo un testo per il teatro, che lo ha infatti messo in scena nel 2003) che Marguerite Duras, ha pubblicato nel 1955, fatto di un fitto dialogo tra una cameriera e un venditore ambulante, esempi di quella moltitudine di esseri (tutti noi?) dotati solo di “una identità di morte”, preoccupati esclusivamente della sopravvivenza, che si incontrano e parlano, delle loro difficoltà personali e della comune infelicità.
La conversazione ha spesso i toni di una filosofia popolare, con accenti drammaticamente esistenzialistici che hanno fatto includere Le square nella letteratura dell’assurdo (“È una cosa comune procedere così nella vita, senza sapere affatto perché”. “Niente o nessuno, io credo, ha la missione di ricompensare i nostri meriti personali, soprattutto quelli oscuri e sconosciuti. Noi siamo abbandonati”), in cui si confrontano l’irrazionalità, o forse una razionalità irragionevole, del mondo e il desiderio disperato dell’uomo di risposte, di chiarezza e di senso.
Ma, più che i contenuti del conversare, la cosa importante per questi esseri sofferenti e sperduti è il fatto stesso di chiacchierare, “senza il quale, dicevano queste persone (è la stessa Duras che così scrive nella “premessa” del 1989) non avrebbero potuto sopravvivere alla loro solitudine”. La “chiacchiera” (per Heidegger una delle modalità inautentiche — insieme alla curiosità e all’equivocità — di apertura dell’esserci e del suo costitutivo decadere), pertanto, lascia qui filtrare una possibilità di comunicazione e si presenta quindi come un embrionale superamento dell’angoscia. Il parlare, anche nella sua più brutale banalità, sembra farsi metafora della letteratura che, dicendolo, domina l’assurdo attraverso la magia della parola, svolgendo così una funzione esorcistica, catartica e salvifica.
domenica 21 settembre 2008
autunno
venerdì 19 settembre 2008
Schermaglie#2/Café Lumière
venerdì 12 settembre 2008
10+10/Schermaglie#1
giovedì 11 settembre 2008
Cariatidi#1
Vitruvio ne riporta l’origine alle donne di Caria, città che, alleatasi coi persiani, sconfitti da Atene, vide gli uomini trucidati e le donne rese schiave; in ricordo di questa “punizione”, l’architettura le avrebbe adoperate come motivo ornamentale. Pausania, invece, nella sua “guida” della Laconia, parla del santuario di Artemide Cariatide, in Caria, città della Laconia. Caria, figlia del re, era stata trasformata in un albero di noce, in gr. kàryon, per non aver amato Dioniso e in Caria era sorto un tempio dedicato ad Artemide. “Qui le vergini spartane eseguono danze annuali e ripetono, secondo la tradizione, un ballo locale”. Poiché sembra danzassero portando sulla testa cesti di fiori e frutti, questi potrebbero essere diventati “facilmente” capitelli. Le più famose sono certamente le cariatidi dell’Eretteo (culto dell’eroe Eretteo o Erechthèus) ad Atene, opera di Alkamenes, allievo di Fidia. Qualunque sia l’origine, resta che le cariatidi in architettura sono state una geniale invenzione, omaggio alla bellezza femminile, che ha reso leggeri, animati e seduttivi colonne e sostegni.
Non potevano mancare i corrispondenti maschili, detti Atlanti (da Atlante, gigante o titano?, comunque della generazione dei ribelli alle divinità olimpiche, poi sconfitti; punito col dover sostenere la volta celeste o il mondo sulle sue spalle) o Telamoni (dal nome di un eroe greco; forse i due nomi sono accostati avendo la radice tl il significato di portare/sopportare). I Telamoni, solitamente dalla muscolatura possente, svolgono con energia, e a volte con malumore, il loro lavoro.
Cariatidi-erme del Ninfeo di Villa Giulia, Roma (foto RV)
martedì 9 settembre 2008
sogno
Sogno: mentre parlo in un convegno, vedo accanto a me, vicino alla cattedra, un casellario postale condominiale, di quelli con le cassette disposte verticalmente. C’è sopra anche un foglio appoggiato come per distrazione. La cosa angosciosa è che ho notizia e consapevolezza che dentro le cassette sono “costrette”, per non so quale vicenda repressiva, delle persone che io conosco: la cosa non mi riguarda, ma mi coinvolge profondamente. Cosa fare, come continuare…? Da sveglio, rifletto su quanto il dolore sia legato alle costrizioni: malattie, ricoveri in ospedale, paralisi, afasie, prigioni e via enumerando fino alle… bare. Il grande Sherrington (Nobel per la medicina e fisiologia, 1932, unitamente a Lord Adrian che incontrai tanti anni fa) non a caso diceva che l’uomo non fa che muovere cose: anche quando “semplicemente” pensiamo, gli impulsi nervosi si propagano per movimenti ionici e i mediatori chimici attraversano le sinapsi… Forse per questo ci incanta il miracolo della danza
lunedì 8 settembre 2008
coppie
domenica 7 settembre 2008
Conoscere
Conoscere: accesso all'incomunicabile, salvezza, super-vivere, pensare i pensieri di Dio… Dolore anche: quando la lucida lama dell’intelligenza sembra spezzarsi nell’impatto con l’ottusa invalicabilità dell'ignoranza.
Muji
sabato 6 settembre 2008
Duras#1
Chi ama la Duras ama almeno tre cose di lei: la profonda cognizione del dolore, l’amore per la vita al di là del patimento, la sua convinzione che la scrittura potesse costituire il mezzo più adeguato per ridare ordine al caos dell’esistenza e fornire una via di accesso all'incomunicabile.