Anche Leonardo Ancona ci ha lasciati. Non dimenticheremo il suo modo distaccato ma presente, riservato ma gentile. L’incontrai l’ultima volta in occasione del seminario tenuto da Gianfranco Tedeschi (che sarebbe scomparso di lì a poco) nella sua abitazione per alcuni colleghi e amici su Spiritualità e psicoterapia. Ancona ci disse che sentiva ormai il desiderio di “ritirarsi” da impegni e visibilità pubblici, ma ci lasciava il libro La mia vita e le psicoanalisi, in cui aveva raccolto molti suoi saggi sul tormentato rapporto tra antropologia freudiana e antropologia cristiana, tematica che caratterizzò e individuò il suo lungo lavoro di analista. Parlando direttamente, mi disse come nella vita avesse dovuto in tante circostanze soffrire di sentirsi “limato”: un’espressione originale ed efficace che voglio ricordare, perché si addice non alle violente fratture, ma agli usuranti e costosi attriti (specie nei rapporti interpersonali) che ci accompagnano nel corso dell’esistenza. Io gli domandai se gli sembrava accettabile il neologismo che proponevo di “dis-tyche-fobia” per indicare le fobie di sventure e avversità: non gli dispiacque.
Pubblicato da Riccardo a 18.50 0 commenti
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