Non eadem est
aetas, non mens/L’età non è più quella, e l’animo neppure
Andando a
cercare le risonanze che Verdi ha avuto nella nostra letteratura si rimane
sorpresi della scarsità, a mia conoscenza, dei reperti: ne aveva scritto, in
francese, il giovane Tommaso Marinetti, Les dieux s’en vont, riferendo
di due storici funerali coi quali
l’Italia, all’inizio del secolo XX, aveva reso omaggio a due delle personalità
del passato risorgimentale, Giuseppe Verdi e Giosuè Carducci, e — cosa un po’
sorprendente per la differenza di personalità e la distanza in ambito musicale
— Gabriele D’Annunzio con un’ode del 1901 Per la morte di Giuseppe Verdi.
In questa, il poeta immagina che tre grandi, Dante, Leonardo e Michelangelo, si
facciano avanti per accogliere lo scomparso («Si chinaron su lui tre vaste
fronti/terribili col pondo/degli eterni pensieri e del dolore»), a sottolineare
l’ammirazione della nazione per l’artista che seppe, con la sua adesione al
Risorgimento, promuovere nel popolo un grande entusiasmo civile e patriottico.
Dice D’Annunzio in questi memorabili versi: «La bellezza e la forza di sua vita,/che
parve solitaria,/furon su noi come cieli canori./Egli trasse i suoi
cori/dall’imo gorgo dell’ansante folla./Diede una voce alle speranze e ai
lutti./Pianse ed amò per tutti».
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