mercoledì 4 dicembre 2013

Verdi: bicentenario


Non eadem est aetas, non mens/L’età non è più quella, e l’animo neppure

Siamo al bicentenario verdiano e nei cartelloni dei teatri fioriscono le rappresentazioni di opere del Maestro. Se la Scala presenta La Traviata, a Roma Muti sta riproponendo al Teatro dell’Opera l’Ernani che, con altri interpreti, aveva diretto — in una memorabile esecuzione — alla Scala nel 1982.

Andando a cercare le risonanze che Verdi ha avuto nella nostra letteratura si rimane sorpresi della scarsità, a mia conoscenza, dei reperti: ne aveva scritto, in francese, il giovane Tommaso Marinetti, Les dieux s’en vont, riferendo di due storici funerali coi  quali l’Italia, all’inizio del secolo XX, aveva reso omaggio a due delle personalità del passato risorgimentale, Giuseppe Verdi e Giosuè Carducci, e — cosa un po’ sorprendente per la differenza di personalità e la distanza in ambito musicale — Gabriele D’Annunzio con un’ode del 1901 Per la morte di Giuseppe Verdi. In questa, il poeta immagina che tre grandi, Dante, Leonardo e Michelangelo, si facciano avanti per accogliere lo scomparso («Si chinaron su lui tre vaste fronti/terribili col pondo/degli eterni pensieri e del dolore»), a sottolineare l’ammirazione della nazione per l’artista che seppe, con la sua adesione al Risorgimento, promuovere nel popolo un grande entusiasmo civile e patriottico. Dice D’Annunzio in questi memorabili versi: «La bellezza e la forza di sua vita,/che parve solitaria,/furon su noi come cieli canori./Egli trasse i suoi cori/dall’imo gorgo dell’ansante folla./Diede una voce alle speranze e ai lutti./Pianse ed amò per tutti».

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