Nelle memorie di Adriano (Yourcenar), l’imperatore
riflette su come la vecchiaia/malattia ci costringa all’abbandono progressivo
di attività che sappiamo di non poter svolgere, di incontri che non possiamo
più avere, di avventure che non possiamo più vivere. E impiega una suggestiva
ed efficace analogia: «Vi sono già zone della mia vita simili alle sale spoglie
d’un palazzo troppo vasto, che un proprietario decaduto rinuncia a occupare per
intero».
Nei giorni del dolore lo scorrere del tempo subisce una metamorfosi
che, anche se prevista, resta pur sempre sorprendente. L’ordinario tempo incalzante,
frenetico, insufficiente, improvvisamente si svuota di tutto tranne che del
patimento e svaniscono tutti i tentativi di sottrarsi al tormento cercando di
accelerare il succedersi delle ore e dei giorni, ormai dotato di un ritmo
inesorabilmente estraneo, a noi contrapposto nella sua ineluttabilità, mentre
continua a svolgersi l’ordinario tempo della vita degli altri. Tempo di dolore che
passerà anch’esso, ma a suo piacimento, nella constatazione della nostra
impotente marginalità.
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