All’inizio di questa lunga
malattia, sogno (forse sulla base della mia costante e sofferta consapevolezza
che l’inizio e la fine delle nostre vite non possiamo raccontarle in prima
persona) di trovarmi con addetti di una agenzia di pompe funebri che mi
illustarno il loro stile di presentazione all’interessato del “come sarà”, con
foto sul letto di morte e nella bara. Vivo il tutto con calma e una certa soddisfazione
del desiderio di poter in qualche modo partecipare da vivo al grande invivibile
evento.
Successivamente, ho avuto casualmente
(da TV e giornali) occasione di verificare che il contenuto del mio sogno non
era poi tanto originale. Ad es., la “divina” Sarah Bernhardt aveva un sarcofago
in cui riposava regolarmente, ricoperta di rose. Anzi, fattasi fotografare in
quella posa dal celebre Nadar ne realizzò cartoline postali e foto che mise in
vendita.
Carlo V decise di organizzare i propri
funerali disteso sul catafalco, partecipando alla cerimonia, perfino cantando le litanie dei
defunti: ne ebbe “il premio” di morire effettivamente dopo poco.
Al contrario, non sono mancati i casi come quello di Coco Chanel che, volendo che il suo cadavere non fosse
visto da nessuno, morta si fece truccare da viva per farsi trasportare e
seppellire in Svizzera.
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