Finalmente l’ultimo grande film d’animazione di Hayako
Miyazaki è disponibile anche per noi (in Italia), ultimo non solo in senso
cronologico, ma perché film d’addio del geniale Maestro giapponese che, come
viene ripetuto più volte nel film, ha voluto affermare il senso del limite: «l’arco
della creatività dura solo una decina d’anni», anche se quello di Miyazaki è
durato oltre 40 anni.
Il padre di Miyazaki aveva una fabbrica che produceva
componenti per la produzione degli aerei “Zero”, il famoso aereo da
combattimento giapponese progettato dal designer Jiro Horikoshi, alla cui
memoria e a quella di Hori Tatsuo (nonché, implicitamente, a quella del padre
di Miyazaki) il film è dedicato. «Gli aeroplani sono uno splendido sogno» e in
questo sogno compare anche il conte Giovanni Battista Caproni (1886-1957),
pioniere dell’aviazione italiana, in quegli anni idolo dei progettisti di
aerei.
Horikoshi affronta tutte le difficoltà e gli insuccessi che
si susseguono pur di tener fede al sogno e, di fronte a ogni ostacolo, viene ripetuto il verso di Paul Valéry che dà
il titolo al film: «Si alza il vento, bisogna tentare di vivere»: il vento
simbolo delle difficoltà e anche condizione di ogni creazione (ritorna la
colomba di Kant!). È questa la filosofia del film: l’impegno a dispetto di
tutti i problemi, dell’impermanenza intrinseca alla vita, della eterogenesi dei
fini che porta spesso a conseguenze diverse da quelle attese, generando anche
dolore e distruzione. Jiro, accompagnato dall’immagine di Caproni, sa affrontare
gli impedimenti del lavoro (gli aerei Zero, finalmente realizzati, saranno usati
dai kamikaze e tutti distrutti nella Seconda guerra mondiale), della vita collettiva
(terremoto del 1923, crisi del 1929, condizioni del Paese) e privata (malattia
e morte della sua amata).
Qualcuno ha voluto scioccamente attaccare il film come
nazionalista e bellicista, non comprendendone il significato più vero che è
quello di affermare che il buon gusto e i sogni devono essere difesi e inseguiti,
nonostante tutto, in una visione della vita impegnata, matura, drammatica, ma
non depressiva. E il conte Caproni, alla fine, ci invita tutti a bere un buon
bicchiere di vino (italiano).
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