Molti di noi
hanno l’impressione di assistere
a una quotidiana e metodica opera di
demolizione della tradizione cristiana. Potremmo dire: «non è affar nostro». Ritengo, invece, che ogni pezzo di spiritualità che viene
perduto impoverisca e offenda ciascuno di noi. L’articolo di Guido Ceronetti
che segue può offrire spunti per una riflessione sul tema.
SE
MUORE IL CRISTIANESIMO
GUIDO
CERONETTI
Ma nella mente ora avverrà dei popoli Che mai più
torni fertile La parola ispirata (Ungaretti, Il Dolore, 1946)
LASCIO il mio lapsus (Ungaretti dice non più e io,
memoria errante, mai più) perché forse, oggi, il nostro poeta quel mai sarebbe
incline a mettercelo. Quel che posso dire è che mi duole, il cristianesimo che
muore. Si tratta di un’amputazione enorme, in anestesia totale, in modo che
nessuno se ne accorga. Non ho idea però di quel che sarà quando ce ne
accorgeremo, qui, nelle nazioni cristiane dell’emisfero. Quando ne scriveva o
me ne parlava Sergio Quinzio, la cosa mi era del tutto indifferente. Non mi
pare di essere cambiato, né mi sono riconvertito in vecchiaia ai miei lontani
anni di devozioni: tuttavia adesso la cosa è talmente evidente dovunque, e così
tanti i segni di morte, da poterla risentire come una personale ferita.
«ORA accadrà che cenere prevalga?», concludeva
Ungaretti quella sua poesia. Cenere, cenere... Cenere è uguale a Nulla... È
questo nulla a farmi paura? Se il cristianesimo è irresistibilmente attirato da
un Buco Nero il vuoto che lascerà non sarà colmabile.
Un aforisma di Cioran, il filosofo romeno, è
spesso infallibile. Uno di questi dice: «Il cristianesimo è morto quando ha
cessato di essere mostruoso». Il quando è una data da andarne in cerca: ma non
è molto lontana, le mostruosità hanno lunga vita e lunghissime agonie mortali;
a volte sono immortali, come l’antisemitismo. Succederà anche all’Islam, da qui
lo sforzo per sopravvivere all’onda che spazza la tolda aggrappandosi al
controllo, all’oppressione e al terrore puro: la fase attuale si può vederla
come struggle for life darwiniana. Tutte le fedi monoteiste sono risucchiate
dal Buco Nero. Non ne scompare una senza che l’altra la segua.
Forse, la mostruosità cristiana specifica è in
declino da quando sono cessati gli autodafé e i processi delle streghe? Nei
tempi nostri, da quando il Papa è sceso dalla sedia gestatoria e si è messo a
fare viaggi trionfali? Il Vaticano II andrà visto come una cessazione del
carattere mostruoso della Chiesa che avrà impresso un’accelerazione al processo
mortale del cristianesimo in ambito cattolico? Nell’ortodossia scismatica — la
russa in specie — cessati il terrore e le persecuzioni comuniste, ha prevalso,
mi pare, una continuità pacifica da zombi; non ci vedo più niente di vivo, ma
fino a ieri non furono pochi i martiri. Memorabile resta la parabola del Grande
Inquisitore dei Karamazov: Cristo ritorna, si rimette a predicare, fa seguaci,
guarisce l’Aids, la Sla, Ebola, moltiplica pane e pesci per miliardi, squilibra
la realtà a un tale punto che il Grande Inquisitore per il bene di tutti lo fa arrestare.
Per non essere arrestato Cristo dovrebbe circondarsi di milizie fanatiche,
risuscitare per risuscitarsi un cristianesimo mostruoso.
Léon Bloy — cristiano cattolico dei più grandi e
dei più mostruosi — spettatore da un sobborgo di Parigi delle frenesie di
distruzione della Grande Guerra, (al loro culmine nel 1916), profetizzava
l’avvento dei Paracleto, lo Spirito Santo, previsto per la fine dei tempi
storici. Come estrema speranza di credente invocava e aspettava che un
misterioso Qualcuno venisse: ma dopo la sua morte nel 1917 e la ridicola pace
del 1919, quale mai Consolatore-Redentore assoluto è venuto? Agnellini divini
che abbiano portato i mali del mondo, tanti, per lo più anonimi, come adesso
come domani, ma di Paracleti nessun segno.
L’Europa credente, inevitabilmente allora tutta
cristiana (con minoranze teosofiche o di passati per Monte Verità, come Max
Weber, Rilke), secondo Paul Fussell era in ripresa nelle trincee, ma non credo
che in quelle condizioni la fede tradizionale andasse oltre le invocazioni
mentali prima degli assalti, e ai gemiti dei rantolanti abbandonati nelle
buche. Forse, nel corpo britannico, la Bibbia di Re Giacomo, nei versetti
memorizzati nell’infanzia, confortava maggiormente, ma come voce vetero-testamentaria esclusivamente non cristiana. Preghiere per la pace e Natali di
speranza non mancavano, nelle nazioni combattenti, sempre meno invogliate a
farsi fare a pezzi; però di che vive una religione mistico-trascendente, se non
di speranze che oltrepassano infinitamente qualsiasi tregua d’armi e ritorno a
casa? E dopo la guerra, gli sterminati campi di croci segnano, nonostante il
simbolo cristiano, l’apparizione di un culto nuovissimo, estraneo alla
confessione cristiana: quello dei caduti. I caduti ignorano la vita futura.
Con più struggimento che nei libri, il tragico
della Morte di Dio (del Dio cristiano) lo trovi nel cinema firmato da Carl
Dreyer, Luis Buñuel, Ingmar Bergman, dove senti il fragore delle ondate tra cui
il Titanic-Cristianesimo, protestante o cattolico, sta colando a picco. La
stupefacente rinuncia del Papa Ratzinger è un dramma bergmaniano. Il Papa
teologo vede lucidamente non poter più reggere o essere predicata la sua
teologia da patrologia latina o greca, rigetta un cristianesimo che non ha la
forza di rianimare, e si ritira in un monastero che gli sarà come un piccolo
surrogato dello scoglio di Sant’Elena. Ma rivediamo un capolavoro di Bergman
come Luci d’inverno, dove alla pieve di un piccolo paese il pastore Ericsson
dice messa nella chiesa perfettamente vuota di fedeli. Lo scenario, il rito
luterano, l’officiante ci sono: le anime, no. Immaginiamo la magnificenza di
San Pietro come l’orrida bruttezza di una piazza di Seul, gremite di folla, e
un giorno il Papa che si affaccia per benedire piazze deserte. Avrà visto
questo, il Papa invece delle piazze dei trionfi puntuali? Il deserto della
chiesa di Frostnäs? La stessa visione non afferra anche il Papa Francesco? Da
certi affioramenti in lui di dubbiosità e inquietudine in pause di stanchezza,
direi di sì. Un mondo decristianizzato è un mondo vuoto, che non ha ubi
consistam, orfano anche di nordiche Luci d’Inverno. Beati i perplessi.
La Repubblica 10 09 14
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