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VESAK 2014: una riflessione di Riccardo Venturini
VESAK
Possiamo dire che non esista alcuna religione priva di qualche forma di festa. Anche se nella nostra cultura secolarizzata siamo portati a vedere le ricorrenze religiose come incisioni nella scansione del tempo “oggettivo” del calendario “utilitario”, le feste costituiscono i cardini dei vari sistemi calendariali, nati probabilmente proprio dalla necessità di stabilire il tempo “giusto” per le feste periodiche. Rito essa stessa, la festa costituisce anche la cornice all’interno della quale diversi riti sono celebrati.
Dal punto di vista religioso, la festa non è una mera “commemorazione”, ma comporta la sospensione del tempo ordinario, il tempo profano della durata, per far posto a un tempo diverso, sacro, che irrompe in quello comune e conferisce significato all’esistenza. E anche nelle feste “laiche”, pubbliche o private, si può osservare il permanere di questa diversità nell’uso di particolari cibi o vestiti, riconosciuti appunto come festivi.
Il buddhismo, in quanto religione, non fa eccezione e, nei vari Paesi in cui si è inculturato, possiamo trovare numerose festività. In tempi recenti, da parte del World Fellowship of Buddhists, si è convenuto di rendere il giorno di luna piena del mese di maggio (da qui il significato del termine Vesak che, nel calendario Hindu, indica il mese lunare di aprile-maggio) una festa pubblica in onore del Buddha. Attualmente, il giorno del Vesak è osservato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e, nel nostro Paese, in base all’intesa tra l’Unione buddhista italiana e il Governo, si celebra l’ultima domenica di maggio, per ricordare la nascita, l’illuminazione e la morte (o parinirvana) del Buddha storico. Il Vesak consente anche di vivere occasioni di socialità differenti da quella ordinaria, realizzando, come afferma l’Unione buddhista italiana, un «incontro tra i vari Centri e le rispettive comunità di praticanti, un momento di preghiera comune, un momento di studio ed approfondimento del Buddhismo e delle sue relazioni con la società italiana ed anche un momento di festa e di gioia per aver incontrato gli Insegnamenti del Buddha».
Va d’altra parte ricordato che, in una visione strettamente non-dualista come quella propria del buddhismo, in particolare mahayana, in cui sacro e profano non sono disgiunti e il Nirvana coincide col samsara, la distinzione di un tempo sacro da un tempo profano non avrebbe senso. Tuttavia, la nostra mente ordinaria, immersa nelle attività del mondo convenzionale sembra avere, paradossalmente, bisogno di “separarsi” per ritrovare l’unità, realizzando in tal modo il non-dualismo nel dualismo.
Riccardo Venturini
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