Theodore è uno
scrittore per conto terzi di lettere d’amore, di circostanza e d’occasione
(rinnovata figura dello scrivano d’altri tempi) che lavorando al computer si
appassiona a un nuovo sistema operativo basato sull’intelligenza artificiale. A
poco a poco la relazione con Samantha (il nome dell’interfaccia femminile del
sistema) si tramuta in un rapporto d’amore. Intanto, l’evoluzione del
protagonista prosegue, finalmente affronta il divorzio che aveva sempre
rimandato, riflette sulla sua affettività, si ingelosisce delle ulteriori
relazioni della sua interfaccia, etc. Poi (per ragioni un po’ misteriose) il
sistema (Samantha) si allontana e scompare dal computer, e dalla vita, di Theodore che, ormai più risolto, sembra poter
cominciare una nuova relazione con l’amica Amy, anche lei sconsolata per la
crisi della sua precedente relazione e per aver perso il proprio sistema
operativo.
La lettura a livello
di una più palese superficie suggerisce di riflettere sulla incapacità di
gestione delle emozioni e delle relazioni in un presente tecnologico (e ancor
più nel minaccioso futuro prospettato) , in cui la solitudine aumenta e si
tenta di riempirla con vari succedanei delle relazioni “reali”: ma dove risiede
il confine da realtà e illusione, tra relazioni “vere” e sogni a occhi aperti?
E come sarà l’“educazione sentimentale” nel mondo dominato dai computer, per
gli utenti umani e per i sistemi di intelligenza artificiale?
Più nascosto, ma più
soddisfacente, per uscire dalla fantascienza (neanche poi tanto fanta-) mi pare
il livello metaforico. Quello di Theodore è un percorso che possiamo vedere
come percorso psicoterapeutico, in cui seguiamo l’affermarsi del transfert,
l’evolversi e la conclusione (l’analisi non può essere “interminabile”, rimando
al saggio di Freud). Si potrebbe anche parlare del diverso peso, come nella
terapia, dell’approccio verbale e di quello corporeo, ma meglio fermarsi sul
personaggio/paziente che ne esce più maturo, forse un po’ più triste, ma più
capace di sopportare la (s)ventura di vivere.
Ancora: il sistema Samantha come
metafora della nuova femminilità: sempre più indipendente, desiderosa di
apprendere dalle inedite esperienze nate con l’ingresso in un mondo prima
precluso e che a mano a mano si viene a possedere. Ridefinizione dei ruoli,
sofferenza e incertezze, poi si vedrà...
Ottima recitazione, scenografie persuasive, fantascienza credibile. La voce
di Samantha è quella di Scarlett Johansson, interprete “celata”, ma di primario
rilievo, che vuole affascinarci,
rimanendo, come la donna, inesorabilmente “nascosta” al mondo maschile. In
queste relazioni “artificiali” dell’era della comunicazione, la parola e la
voce sembrano prendere un incontrastato sopravvento su tutti gli altri rapporti
(altra possibile lettura del film!) e, nella crescente inadeguatezza a gestire
questi strumenti onnipotenti, forse si farà progressivamente ricorso a figure,
come quella del protagonista, che scriveranno al posto di altri, in un gioco di
specchi che va a moltiplicare i passaggi di finzione in finzione...
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