Soffermiamoci sul cambiamento di stagione osservando il quadro di Nicolas Poussin dedicato a L’été. Nicolas Poussin (1594-1665, pittore francese molto influenzato dagli ideali classici dell’arte italiana, passò più della metà della sua vita a Roma ove produsse la maggior parte delle sue opere e dove si spense e fu sepolto) non è da considerare un paessaggista, ma «un pittore della natura, senza dubbio il più grande pitture della natura, il suo poeta e filosofo e poeta, […], l’interprete del susseguirsi dei suoi cicli, della sua violenza e della sua grande potenza» (P. Rosenberg). Il quadro fa parte di un insieme di quattro dedicati alle stagioni, composti negli anni 1660-64 per il nipote del card. Richelieu, ora al Louvre. Quadri che sono occasione di contemplazione e di riflessione, in cui osserviamo l’uomo nell’ambiente naturale e in cui la storia individuale fa parte di una più ampia storia del mondo.
Nell’Été predomina il giallo caldo del campo di grano durante la mietitura, su cui si stagliano i colori vivi delle vesti e il verde scuro del grande albero in primo piano. Sulla destra osserviamo una grande pietra miliare mentre le montagne nello sfondo servono come di appoggio alle linee di fuga prospettiche per dare profondità al paesaggio, nel quale sono collocate anche delle città fortificate.
Su questo sfondo gli uomini. Uno guida i cavalli, altri mietono, compongono i covoni, si dissetano, mentre alcune donne preparano il pranzo. Al centro, un donna con alle spalle un testimone pensieroso che si inchina è inginocchiata di fronte a un uomo col turbante. E le loro storie. Possimo leggervi l’incontro di Rut e di Booz (un episodio biblico, parte della storia della redenzione perché dalla loro unione verranno la stirpe di David e quindi Gesù) o — in una visione panteistica — l’estate come età della maturità dell’uomo o, in un quadro virgiliano ricco di risonanze classiche, un’allusione al culto di Cerere, ma sempre ricordando quel che ebbe a dire Cézanne: «Je voudrais, comme Poussin, mettre de la raison dans l’herbe et des pleurs dans le ciel».
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