Bruno Munari (1907-98) è stato uno dei massimi protagonisti della grafica e del design del secolo scorso. Di lui Gillo Dorfles disse: “Munari rimane l’inventore di un modo di vivere e di lavorare: un modo di concepire la vita come lavoro e il lavoro come gioco, ma anche il gioco come la vera base d’ogni attività creativa, anche la più seria. Gioco significa comprendere l’aspetto metaforico delle cose e degli eventi, l’aspetto ironico presente anche nelle più severe e puntigliose progettazioni”. Da qui le sue macchine inutili (1933) o le scritture illeggibili di popoli sconosciuti. Si chiedeva sempre: “Ma non si può fare in un altro modo?” e cercava la risposta esplorando i limiti, tentando di superarli: i limiti delle idee, dei progetti, delle cose, perché in essi era convinto si celassero insospettate possibilità che sta a noi scoprire, al di là dell’usuale e del consueto. Non potevano sfuggirgli i limiti del tempo, lo tentava la possibilità di annullarlo. Come? Con l’ironia e il gioco, secondo il suo stile. Ecco quindi la sveglia dell’Ora X (quale sarà mai l’ora decisiva? Ce la “indica” una sveglia che non la definisce, ma, col movimento di dischi colorati che sovrapponendosi generano altri colori, prova a confonderci le idee e a portarci sul terreno dell’ironia) o l’orologio Tempo libero (progettato per Swatch, che contiene nel quadrante 12 piccoli dischi con le cifre delle ore che sono libere di muoversi con i movimenti del polso): guardare il mondo e fare diversamente.
Questo e altro nella mostra dedicata a Munari al Museo dell’Ara Pacis, fino al 22 feb.
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