Nelle Fonti
francescane leggiamo: «Un giorno, mentre andava a cavallo per la pianura
che si stende ai piedi di Assisi, si imbatté in un lebbroso. Quell’incontro
inaspettato lo riempì di orrore. Ma, ripensando al proposito di perfezione, già
concepito nella sua mente, e riflettendo che, se voleva diventare cavaliere di
Cristo, doveva prima di tutto vincere se stesso, scese da cavallo e corse ad
abbracciare il lebbroso e, mentre questi stendeva la mano come per ricevere
l’elemosina, gli porse del denaro e lo baciò. Subito risalì a cavallo; ma, per
quanto si volgesse a guardare da ogni parte e sebbene la campagna si stendesse
libera tutt’intorno, non vide più in alcun modo quel lebbroso. Perciò, colmo di
meraviglia e di gioia; incominciò a cantare devotamente le lodi del Signore,
proponendosi, da allora in poi, di elevarsi a cose sempre maggiori. Poi, amante
di ogni forma d’umiltà, si trasferì presso i lebbrosi, restando con loro e
servendo a loro tutti con somma cura. Lavava loro i piedi, fasciava le piaghe,
toglieva dalle piaghe la marcia e le ripuliva dalla purulenza. Baciava anche,
spinto da ammirevole devozione, le loro piaghe incancrenite, lui che sarebbe
ben presto diventato il buon samaritano del Vangelo».
Siamo stati commossi, umiliati, esortati da questa storia. Poi, col
tempo, qualche interrogativo si è a poco a poco presentato alle nostre menti:
tra chi abbraccia e chi è abbracciato non rimane sempre un dislivello (quello
tra chi è up e chi è down)? San Francesco avrebbe certo scambiato
non solo il bacio o il mantello, ma, se avesse potuto, anche il corpo:
tuttavia, l’inversione dei ruoli avrebbe cambiato la natura del rapporto? E
poi, perché la lebbra? Non solo Dio avrebbe creato (con chi sa quale misterioso
intento) questo micidiale batterio, ma avrebbe poi distribuito questo flagello
non a tutti (come la morte), ma solo ad alcuni, commettendo, in questo come in
altri analoghi casi, clamorose e immotivate ingiustizie.
Ma qual era la visione del mondo che aveva Francesco? Bisogna includere
“sorella lebbra”, nel cantico delle creature essendo anch’essa una delle creature
di Dio? E se “sorella” perché dobbiamo ritenere il lebbroso bisognoso d’interessamento,
di cure e di particolare amore? E Dio (del quale Francesco tesse lodi dicendo «Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, Tu
sei amore e carità. Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. Tu sei gaudio e letizia,
Tu sei la nostra speranza, Tu sei giustizia. Tu sei temperanza, Tu sei tutta la
nostra ricchezza a sufficienza. Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro
difensore. Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio. Tu sei la nostra speranza») andrebbe ringraziato
per avere elargito “beni” come la lebbra e altre malattie e catastrofi? Quanto
a giustizia poi…
Mi imbatto ora in quanto un anonimo francofono autore ironicamente scrive
in rete, dandoci un inquietante riscontro a quelle lodi e a quei ringraziamenti
francescani, segno forse di una nuova sensibilità che non si interroga più
sull’esistenza di Dio, ma non è disposto a concedere più nulla alla retorica
del Dio sommo bene: «Pour
les enfants morts de leucémie, merci mon dieu; Pour les trisomiques et et les
myopathes, merci mon dieu; Pour les cancéreux et les Alzheimer, merci mon dieu;
Pour les aveugles et les paralytiques, merci mon dieu; Pour ceux qu’une mine
antipersonnel a amputé d’une jambe ou d’un bras, merci mon dieu; Pour le
choléra, le sida, le paludisme et la lèpre, merci mon dieu; Pour les
tremblements de terre, les tsunamis, les éruption volcaniques et les millions
de sans abris, merci mon dieu», etc.
E che dire poi del cosiddetto “cristocentrismo” di Francesco? Gesù, con
l’amore, indicava certo a Francesco e a tutti noi un modo per “correggere” le
conseguenze delle crudeli creazioni del Signore del mondo, contrapponendosi in tal
modo alla iniqua Legge paterna. Ma se Gesù Cristo è da considerare eguale al
Padre, se è quel Logos in virtù del quale tutto è stato fatto, ed è quindi anch’egli
autore, o quantomeno complice, di questi misfatti, che significato può avere
l’invito a seguire il suo insegnamento e a richiamarsi a lui? La risposta
dell’“uomo di fede” dice che se la vita e la storia dell’uomo si chiudono
nell’orizzonte di questo mondo non è più possibile parlare di amore e di
giustizia di Dio, ma se la fede dilata l’orizzonte e include l’ignoto e
incomprensibile volere divino… La risposta è da prendere in considerazione, ma
noi di fronte al mistero del male e del dolore non possiamo giustificare alcun
rinvio, dobbiamo comportarci, almeno, “come se” la storia trovasse la sua
conclusione in questo mondo, altrimenti sofferenza, da un lato, e la misericordia,
l’amore, la compassione, dall’altro, diverrebbero solo una recita e non
varrebbe la pena di prendere sul serio il dolore e occuparsi di chi soffre,
lasciando a Dio soltanto il compito dell’aiuto, secondo i suoi inesplicabili
disegni.
Un bel pasticcio, per il povero Francesco! Abbraccio per abbraccio non
sarà più adeguato, oggi, procedere nell’opera di chi, dopo la individuazione
del Mycobacterium leprae,
responsabile della malattia, cerca di combatterla con chemioterapici e
antibiotici? Non è questo l’abbraccio che maggiormente può aiutare gli
sfortunati nostri fratelli, ingiustamente colpiti da questa infezione, e che
risponde in modo più adeguato al nostro “moderno” spirito di solidarietà?
1 commento:
Riflettevo come nella tradizione Chan Buddhista si ritrovi niente meno che un patriarca sofferente di lebbra, un illuminato il cui pensiero viene "abbracciato" da quanti accolgono anche questa Via. Nell'apparente antitesi dei due pensieri potrebbe essere interessante una sintesi tra il santo che abbraccia il lebbroso e i devoti che abbracciano il santo (lebbroso).
Un caro saluto
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