Girare per Roma nei giorni d’estate può esser duro, il caldo diventare «insoffribile, il sole del Leone e della Vergine vi piomba su quasi a picco, accende le strade e le piazze, par che pietrifichi l’aria e l’infochi, ottunde i sensi e i sentimenti del viandante», come scriveva Massimo Bontempelli (1878-1960). Nel racconto L’ombra e la luce, egli immaginava che un tal «Anselmo Memmi, ch’era dottore in filosofia, quarantenne, benestante, scapolo e umanitario» avesse compilato una Guida di Roma all’ombra, ad uso dei turisti estivi, per insegnar loro a girare evitando gli spazi assolati. Forse è nata così la leggenda metropolitana di questo libro che molti hanno cercato ma, come diceva Pietro Paolo Trompeo, «è una specie d’araba fenice: tutti ne han sentito parlare e nessuno l’ha visto». Probabilmente Bontempelli riattualizzava per Roma la diceria che, un secolo prima, A. Dumas aveva messo in giro per Napoli, raccontando di aver avuto tra le mani e utilizzato una guida scritta da uno sfortunato gesuita, dal titolo Napoli senza sole per camminar di estate per le strade non battute dai raggi solari: libro che nessuno ha mai visto e che nessuna biblioteca possiede.
In mancanza di queste preziose e salvifiche guide, resta fortunamente la realtà del refrigerio che possono offrire le chiese romane. Godiamola accompagnati dalla descrizione che ne faceva il Duca Minimo (Gabriele D’Annunzio) nella rubrica L’estate a Roma su La Tribuna del 24 luglio 1887:
«Il cattolicesimo è una buona religione d’estate: e Roma è senz’alcun contrasto la Gran sede della religione cattolica. Dunque a Roma, specialmente, il cattolicesimo estivo è una fonte di frescura inesauribile. La gente savia, invece d’andar a sguazzare faticosamente nelle acque impure d’uno stabilimento balneario o a contemplare le vacche nei troppo verdi paesaggi artificiali della Svizzera resta a Roma a far professione di cattolicesimo e anche viene a Roma da fuori.
O grandi chiese romane, tutte piene di placida luce aranciata o violetta, così barocche e così belle, gran fortuna che li uomini non ascoltino i miei consigli lirici e che i veri ferventi sieno pochi, altrimenti voi perdereste uno dei vostri incanti maggiori; il quale è, in verità, la solitudine. Nelle ore della siesta tutte le chiese sono deserte e silenziose come le caverne mistiche nel grembo delle montagne abitate dai cervi santi e dagli eremiti. I pavimenti di marmo hanno un luccicare cupo, come di un’acqua stagnante. Nelle cappelle l’ombra è profonda e misteriosa, rotta qua e là da luccicori indistinti. Le volte, tutte ornate di pitture seicentistiche e di svolazzi e di rilievi giganteschi e d’angeli e di cherubini e di chiavi pontificie, s’innalzano e s’incurvano con maggiore ampiezza nei giochi della luce e dell’ombra…» (da Ad Altare Dei).
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