Com’è noto la Corte europea dei diritti dell’Uomo si è pronunciata, in questi giorni, contro la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche. La sentenza ha suscitato reazioni politiche favorevoli o contrarie sulle quali resta aperto il giudizio, ma quel che colpisce è il tipo e il tono delle argomentazioni. Fra i contrari alla sentenza così si esprimono, ad es.:
padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede: «Il Crocifisso è stato sempre un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta l'umanità. Dispiace che venga considerato come un segno di divisione, di esclusione o di limitazione della libertà. Non è questo, e non lo è nel sentire comune della nostra gente... Stupisce che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia molto profondamente legata all’identità storica, culturale, spirituale del popolo italiano»;
il ministro Mariastella Gelmini: «la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione»;
Pierluigi Bersani, neo-leader del Pd: «Io penso che un’antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno».
Dall’altra parte:
per Raffaele Carcano, segretario nazionale dell'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, si tratta di «un grande giorno per la laicità italiana»;
Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista: «Esprimo un plauso per la sentenza: uno Stato laico deve rispettare le diverse religioni, ma non identificarsi con nessuna»;
Adel Smith, presidente dell'Unione musulmani d’Italia: «I sostenitori del crocefisso in aula dovevano aspettarselo: in uno Stato che si definisce laico non si possono opprimere tutte le altre confessioni esibendo un simbolo di una determinata confessione».
Paradossale, in queste dichiarazioni, è che la difesa della persistenza del crocefisso viene sostanzialmente sostenuta con l’argomento dell’identità culturale (come potrebbero essere le immagini del Colosseo o della Gioconda!), mentre è affidata a laici, atei o appartenenti ad altre confessioni, contrari all’esposizione, l’affermazione del valore di simbolo religioso da non declassare a elemento culturale tradizionale!
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