In una relazione al Congresso di pedagogia sperimentale, tenutosi a Pietroburgo nel 1916, Pavlov riferiva che l’analisi dell’attività nervosa degli animali e degli esseri umani lo aveva portato a evidenziare, tra i tanti riflessi, l’esistenza di uno particolare, da lui denominato “riflesso di scopo”, attraverso il quale si esprime “il desiderio di raggiungere un determinato oggetto eccitante”. Secondo Pavlov la più tipica, diffusa, meglio analizzabile forma del riflesso di scopo è rappresentata dal desiderio di collezionare, di riunire gli elementi di un insieme, desiderio che spinge spesso a raccogliere “cose di scaso interesse, senza altro valore che quello di gratificare la tendenza a collezionare”. Tutta la vita consiste nella realizzazione di uno scopo, che dal punto di vita biologico, è — come si sa — nient’altro che la preservazione della vita stessa. Questo “riflesso generale” si articola poi in riflessi particolari, come il riflesso di nutrizione o di individuazione (ricerca degli oggetti). Questo spiega la nostra tendenza a esaminare, osservare, toccare gli oggetti coi quali veniamo in contatto per verificarne la loro adeguatezza ai nostri scopi: “possiamo renderci conto di quanto sia forte ed impellente la nostra tendenza a toccare un oggetto che ci interessa dagli ostacoli, dalle proibizioni, dalle ingiunzioni che sono necessarie per impedire alla gente, anche culturalmente elevata, di toccare la merce esposta nei negozi”. Riflesso di presa, riflesso di nutrizione, riflesso di collezione... sono dunque intimamnte legati. Secondo Pavlov la vita è bella e interessante solo per chi è proteso verso mete desiderabili e il riflesso di scopo è alla base del progresso, del miglioramento e dell’evoluzione culturale. Infatti, “di ogni cosa si può fare collezione, delle cose banali come delle cose importanti: di comodità (il fine delle persone pratiche), come di leggi giuste (l’aspirazione degli statisti), di nozioni ( lo scopo delle persone colte), come di scoperte (i tesori dello scienziato) e di virtù (l’ideale delle persone rette)”. Come tutti gli altri riflessi anche il riflesso di scopo può venire indebolito o estinto (secondo i meccanismi neurofisiologici dell’inibizione), potendosi quindi produrre forme patologiche depressive o anche, in una utilizzazione intenzionale positiva per correggere comportamenti devianti (dipendenze, comportamenti disadattati, etc.). “Se ognuno di noi nel suo intimo avrà cura di questo riflesso come della parte più preziosa del suo essere, se i genitori e gli insegnanti di ogni tipo avranno come problema fondamentale quello di rafforzare e di sviluppare questo riflesso nelle masse che essi possono plasmare, se la nostra società e il nostro Stato daranno la possibilità reale di esercitare questo riflesso, allora noi diverremo ciò che possiamo e dobbiamo essere”. Penso a quante possibilità operative possa offrire questo fondamentale “strumento” nei campi della comunicazione e della pubblicità, nelle relazioni di aiuto a tossicodipendenti e giocatori, soggetti sessualmente disturbati, in pedagogia, etc. Purtroppo, come è accaduto per altre intuizioni pavloviane, il riflesso di scopo non è stato sufficientemente valorizzato e non sono state approfondite le relazioni di esso con fenomeni e meccanismi “analoghi”, descritti da altre correnti psicologiche: tanto per esemplificare, dalla percezione delle forme (Gestalt) alla coazione a ripetere (psicoanalisi), al comportamento intenzionale (Tolman)...
Blog: un’occasione per parlare di sé ma non per sé, un tentativo di arginare lo spreco di esperienze, pensieri, emozioni, offrendone qualche frammento e fidando sul potenziale di universalità che è in ognuno; per riannodare fili, stabilire legami; come mani, parole tese verso…
lunedì 4 maggio 2009
Il riflesso di scopo
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