Non eadem est aetas, non
mens/L’età non è più quella, e l’animo neppure
In questo periodo, in cui la critica della religione ha preso nuovo vigore (fine delle ideologie e sviluppo delle neuroscienze) da più parti si cercano espressioni “positive” dell’ateismo, per non condannare questo a vivere nell’oscurità delle necropoli di divinità spodestate e defunte. Si inneggia a un nuovo razionalismo e si auspica una società di armoniosa solidarietà, affrancata dalle illusioni religiose, all’insegna dell’Etsi Deus non daretur, secondo la formula del giurista olandese Ugo Grozio (1583-1645).
Vorrebbe offrire un
contributo in questa direzione Renata Pisu, nota e apprezzata giornalista e
saggista, dotata di una conoscenza diretta della lingua e della vita cinese,
col suo volume Né Dio né legge; la Cina e
il caos armonioso (Roma-Bari, Laterza, 2013), che riprede nel titolo la
frase del grande sinologo Marcel Granet: «Mi limiterò a caratterizzare lo
spirito dei costumi cinesi con la formula né Dio né legge».
Il libro, attraverso
esame di testi, incontri, appunti di esperienze, vorrebbe presentare una
società, marcata soprattutto dallo spirito confuciano, che dovrebbe essere in
grado di fare a meno di Dio e dei suoi comandamenti. Dopo il fallito tentativo
di vedere nell’URSS il primo esempio storico di una società senza Dio, ora si
prova con Confucio e le altre correnti del pensiero cinese. Il risultato è
mediocre, troppo impegnativo per una giornalista sia pure attenta come la Pisu
(pensiamo a quanto poco risultano persuasive perfino le indagini, svolte a ben
altro livello di profondità, dal filosofo François Jullien). Assolutamente
insufficienti e superficiali, poi, le presentazioni del taoismo e, in
particolare, del buddhismo. Ma la carenza fondamentale è quella di pensare di
poter fare ricorso al concetto di armonia senza fare i conti col problema della
persona, del male e della sofferenza individuale, campo di un lungo travaglio per
la filosofia e la teologia occidentali. L’Occidente non ha, infatti, ignorato
questi tentativi armonizzanti basati su natura, cielo, società ben ordinata, ma
— con Jaspers — li aveva qualificati come pre-tragici e non più proponibili
all’uomo d’oggi; quindi, guardando all’Oriente, non si può sottovalutare
tutto ciò che quel pensiero ha lasciato da parte, come il senso della storia,
l’autonomia del soggetto, le libertà politiche, indicando come un nuovo
possibile percorso una generica via dell’armonia. Dimenticando questi aspetti
non si dà alcun contributo al dialogo tra le civiltà e si alimentano anzi vani e
illusori tentativi di confusi meticciati culturali.
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