Papa Benedetto XVI è tornato a casa, nel “suo”
Vaticano. Come scrive Massimo Franco sul Corriere
della sera «è l'unico luogo dove può davvero sperare di appartarsi nel
monastero Mater Ecclesiae, nel quale è stato ricavato un appartamento per lui e
per il fratello sacerdote, Georg, oltre che per il segretario monsignor
Gänswein; e che serve sia a garantirgli l'extraterritorialità rispetto a
intrusioni dei mezzi di comunicazione; sia a proteggerlo in caso di polemiche o
accuse strumentali e malevole affiorate già durante il pontificato su vicende
avvenute quando non era ancora Papa». La bulimia mediatica è stata accontentata
dalla foto dell’ulteriore incontro col papa Francesco. Speriamo che sia
l’ultima immagine “rubata” a chi ha voluto ritirarsi per dedicarsi allo studio
e alla preghiera.
La motivazione del ritiro appare inaccettabile e
indigeribile non solo per il mondo laico, dominato da rimozioni e dietrologie, ma —
incredibilmente — anche da (parte) della Chiesa (che mostra così di essere sempre più
mondanizzata). Basterebbe riandare all’immagine di papa Giovanni Paolo II, come
appare in una foto del 31 03 05, sofferente, frustrato e visibilmente irritato
per non esser più in grado di parlare ai fedeli all'Angelus. Papa Benedetto, che aveva
seguito da vicino gli ultimi mesi di vita del suo predecessore, ha voluto
risparmiarsi e risparmiare alla Chiesa e al mondo la vista di un analogo probabile
prossimo sfacelo (per non parlare del possibile nuovo abbandono del governo
della curia in un periodo così difficile...): dopo aver tanto riflettuto e
insegnato sul valore salvifico della bellezza non poteva permettersi una piatta
“imitazione” del rude papa polacco.
Ammirato della scelta fatta da Benedetto XVI, non può essere taciuto che lo stile di vita conseguente non a tutti è concesso, per cui mi augurerei che S.S. Misericordia fosse più comprensiva dei motivi che possono spingere tanti pazienti terminali, persone stanche di un’esistenza ridotta a inutile sofferenza o che si trovano prive di ogni autosufficienza, a voler morire con la dignità che la madicina oggi consentirebbe loro, senza finire (chi può!) nella solitudine in un letto svizzero. Costringere all’impiccagione o a gettarsi da una finestra (anche questo negato a un tetraplegico!) è per la Chiesa manifestazione di rispetto della vita e azione misericordiosa? Vorremmo misurare su questo il nuovo, semplice, popolare papa Francesco, e avere da lui una parola o, almeno, un silenzio e una non ingerenza nelle leggi dello Stato, come reali segni di una virtù da lui tanto propagandata con facili gesti che, altrimenti, rischiano di restare più messaggi da marketing che di spiritualità.
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