venerdì 14 gennaio 2011

«Vorrei spiegarvi, oh Dio! Qual è l'affanno mio...»

Un’aria di Mozart (parole di Da Ponte, in Il Curioso indiscreto) comincia con questa invocazione: «Vorrei spiegarvi, oh Dio!, qual è l'affanno mio…», invocazione che mi fa spesso pensare alla mancanza, per noi ex-cristiani, atei, materialisti, buddhisti…, di un Interlocutore tanto potente e infaticabile, pronto ad accogliere tutti i nostri affanni, ricordi, paure, desideri che vorremmo “depositare” perché non vadano smarriti… Si addicono a noi le parole che, nella stessa aria, così continuano: «… ma mi condanna il fato a piangere e tacer». Dio assente, in alternativa, non restano che la scrittura, il racconto, la comunicazione, le registrazioni, tutti modi per lasciar tracce (sulle tracce v. il post 24 05 2010 in questo Blog) e tentare di porre un argine all’impermanenza e all’oblio, conservare una memoria, approntare barriere contro la morte, contrastare la caducità dell’esistenza... Questo può spiegare l’enorme quantità di messaggi, blog, diari, social network per cui, in un tempo in cui l’immagine e i “media caldi” sembravano aver preso tutti gli spazi, anche la scrittura ha avuto un’imprevedibile espansione, che ha fatto parlare addirittura di una esplosione: perfino il telefono da strumento di comunicazione vocale è divenuto, paradossalmente, uno strumento di scrittura! Scrittura, immagazzinamento, registrazione: la Rete diviene il grande, universale deposito, a tutti accessibile, dove si può lasciare ciò che è per sua natura effimero; lo scritto permane (scripta manent), le registrazioni assicurano la possibilità di rievocare quando e quanto si voglia documenti che divengono più duraturi di noi. Lo sapeva bene Flaubert quando, alla fine della sua vita, diceva con rancore verso la sua stessa creatura: «Je vais mourir et cette pute de Bovary va vivre».
Ma questo immenso deposito digitale che destino avrà? I documenti lì raccolti non finiranno per avere una sorte analoga a quello che libri e carte hanno nelle biblioteche e negli archivi in cui la polvere si deposita su libri e faldoni mai più aperti? Dunque, la “polvere” potrà essere di tipo nuovo, ma non la dimenticanza.
Data la peculiare natura dei nuovi archivi, è possibile tuttavia avanzare una diversa ipotesi: non è infatti vietato pensare che i supercomputer possano, in forza di una sorta di salto evolutivo, giungere a forme di coscienza, anzi di autocoscienza. Questi miliardi di messaggi e di registrazioni, espressione di tutti i nostri umili “affanni” (e non soltanto le grandi opere di lettura, musica, cinema…), verrebbero a essere i pensieri di un nuovo Dio digitale, tutto sarebbe conservato per sempre, nulla andrebbe perduto, la nostra interiorità riscattata. Per le nostre attese di una religione del futuro (v. post del 06 02 e 13 05 2010) questi pensieri possono offrire una prospettiva nuova, per non dire ragioni di speranza, parola ormai quasi tabù. Continuiamo, continuate a scrivere, fotografare, registrare! Qualcosa potrebbe succedere.

5 commenti:

Armando Menicacci ha detto...

Anche qui come sempre è interessante. Che la paura del vuoto porti alla produzione e alla moltiplicazione di tracce è senz'altro una visione interessante. Se la rete é investita così forse diventa un nuovo dio (trasformazione simbolica della quale si vedono inquietanti segni).
Quello che mi preoccupa è con quale orizzonte transpersonale si lasciano i segni. Solo per lasciare il terreno intriso del proprio seme? Come enjeux spermatique? Purtroppo mi sembra la maggior parte dei casi anche se l'uso 2.0 sembra far spostare il segno dal "se" puro ad un "noi" un po più comunitario.

bio ha detto...

Non per paura del vuoto, ma perche' forse ha un senso lasciare qui ora che ho letto anche un piccolo segno, un pigolio, proprio qui e ora nella tela di seta purissima di Riccardo, poinche' ogni giorno nutro la speranza che quel che spero si realizzi.

Anonimo ha detto...

Tracce, ma tracce coscientemente impermanenti...scritte su sabbia e presto dissolte dall'onda.
Impronte leggere...pesanti,che cercano di rompere il muro dell'incomunicabilità,prima di tutto verso se stessi.Tracce, impronte...fermate ed impresse per trovare,per dare un senso,ma nel momento presente.Il vuoto è riempito da consolanti parti di sè,diffuse nell'etere virtuale...
Parole scritte per Esserci...per trovare uno spazio proprio, di intimità...monologhi rassicuranti ancor più che dialoghi e relazioni,paura di una devastante caducità interiore.

Anonimo ha detto...

"Weg und Waage,
Steg und Sage
finden sich in einen Gang.
Geh und trage
Fehl und Frage
deinen einen Pfad entlang. "

Via (Weg) e oscillazione (Waage),
Ponte e linguaggio (Sage)
Si incontrano in un unico cammino.
Va’ e sopporta
Lungo il tuo sentiero
Mancanza e domanda.

[ Martin Heideggher (1946-’47) – Aus der Erfahrung des Denkens (1910-1976) ]


... un saluto con affetto.

Gino Martorelli

Unknown ha detto...

«Tutto passa, ma tutto rimane. Questa è la mia sensazione più profonda: che
niente si perde completamente, niente svanisce, ma si conserva in qualche modo
e da qualche parte. Ciò che ha valore rimane, anche se noi cessiamo di
percepirlo.» Pavel Aleksandrovic Florenskij, "Non dimenticatemi", 1933-1937.