Der Letzte Mann (L’ultimo uomo/L’ultima risata), di F. W. Murnau, 1924, è la storia del portiere di un grande albergo, che — per ragioni di età — viene “degradato” a sorvegliante dei bagni. La perdita di ruolo e della divisa che gli assicuravano una condizione di rispettabilità nell’ambiente di lavoro e nel misero vicinato rendono il protagonista l’“ultimo degli uomini” e la sua vicenda simbolo del naufragio esistenziale. Una certa critica, “di sinistra”, col suo riduzionismo sociale ha voluto vedere nella livrea del portiere una metafora del militarismo e nel microcosmo della vita dell’hôtel la rappresentazione della spietatezza della società capitalistica. Ma la denuncia è molto più dura e diviene amara rappresentazione del dramma dell’esistenza, in cui il riconoscimento e la considerazione sono segni di affermazione, e l’affermazione condizione necessaria per il soddisfacimento dei bisogni. Tuttavia, il successo di uno porta all’insuccesso dell’altro, i poveri sono meschini come i “potenti” e anche invidiosi, non c’è posto per nessuna speranza di eliminazione della condizione esistenziale di disuguaglianza (come d’altra parte hanno mostrato tragicamente i movimenti egualitari finiti in realizzazioni storiche repressive esasperate e violente). Tutto questo è dato con una maestria delle possibilità espressive del cinema muto come raramente si è manifestata: gli atteggiamenti e le emozioni sono raccontate con immagini deformate, giochi di luce, movimenti di macchina, che hanno fatto di questo film uno dei capolavori del cinema espressionista tedesco. Di notevole valore la colonna sonora musicale originale, di G. Becce, che accompagna il film muto.
Un DVD dell’edizione restaurata, didascalie in italiano, è in edicola a un prezzo contenuto.
Nessun commento:
Posta un commento