Percepire il tragico in opere che solitamente sono denominate commedie è sicuramente più difficile che in quelle che già esplicitamente qualificate tragedie. C’è del tragico, infatti, in Il malato immaginario di Molière, ben oltre la farsa dell’ipocondriaco e la satira della medicina. La tragedia è nella malattia mortale del vivere, da cui l’ipocondriaco Argan ha relizzato che ci si può difendere solo entrando in “piccole” malattie, da curare con le barriere artificiose dei farmaci e degli interventi medici: “bisogna che la malattia ci sia, ma non prenda piede. Perché, dietro la malattia, come in fondo ad un corridoio lungo, buio, sempre più stretto, sempre più buio, c’è un’immagine orribile: la morte. Non è la religione che possa cancellare quell’immaine, perché la religione non fa altro che ricordarci che essa esiste anche quando noi non la vediamo, e finiremo col batterci il naso contro, ma è la scienza. La scienza cerca di ritardare la sua vittoria, ci dà l’illusione dell’immortalità. E la malattia diventa allora un male necessario, perché soltanto quando si è malati, la scienza può intervenire e allontanare il punto estremo di ogni male, la fine della strada della vita, interrotta bruscamente su un precipizio che è la morte”. La medicina, anche nella sua forma più fatua e “teatrale”, diviene l’unico scudo dietro cui proteggersi, per non dichiararsi vinti. Nella stanza di Argan (nelle stanze di tutti gli ammalati) si “assiste, tra vittorie e disfatte, allo svolgersi di una campagna costante e interminabile, […] combattuta con i clisteri detersivi, il giulebbe epatico soporifero e medicine purgative e corroborative”. Alla fine, divenendo egli stesso medico, Argan celebra la sua apoteosi difensiva. E Molière? All’opposto, egli non si difende, conosce con spietata lucidità la sua condizione di ammalato vero e solo, ha la certezza di essere condannato e disprezza l’inconsapevole Argan.
Il malato immaginario è l’ultima opera di Molière. Durante la quarta rappresentazione (1673) Molière è colto da un accesso di tosse, sputa sangue, morirà poco dopo. È come se Argan e Molière si fossero scontrati sul palcoscenico, “in un duello mortale [in cui] un autore veniva tolto di mezzo, sulla scena, dal proprio personaggio”. La ragione di Molière non vince e la follia di Argan non perde: e noi continuiamo lo scontro ogni giorno.
Per saperne di più: G. Macchia, Il silenzio di Molière; film: A. Minouchkine, Molière, Gérard Corbiau, Le Roi danse. In DVD: in it. Il malato immaginario, regìa di S. Blasi, interpretazione di Tino Buazzelli; in fr.: Le malade imaginaire, realizzazione e interpreti della Comédie-Française.
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