Sokurov ha dedicato tre film al potere (Toro, Moloch, Il Sole), più precisamente a tre figure che hanno incarnato il potere assoluto nel XX secolo, Lenin, Hitler, Hiroito, per demitizzarli, mostrarne la personale fragilità e, quindi, l’assurdità del sostegno dato loro come capi carismatici. Non si tratta, evidentemente, di analisi storico-politiche, fin troppo facile da rigettare per semplicismo, parzialità, ingenuità (Hiroito è una specie di traballante marionetta, Hitler un paranoico perverso, Lenin un povero ammalato). Viceversa, guardando questi ritratti da un punto di vista psico-spirituale viene da fare, soprattutto considerando Lenin, il meno maltrattato dei tre, una serie di considerazioni sul tipo di gestione della vita personale di individui che sono, come si diceva tra hegheliani, “individui cosmici universali”. Tranne Hiroito (un’occasione mancata per Sokurov) si tratta di uomini nuovi, non appartenenti a levigate aristocrazie e quindi con loro invincibili ingenuità e grossolanità, a stento controllate, che riemergono tutte di fronte alle difficoltà e alla infelice conclusione delle loro vicende. Lenin, paralizzato, incapace di esprimersi e di agire, affidato a donne di famiglia e militari è ormai privo di ogni dignità, si confronta da perdente con un cinico Stalin che va a visitarlo, chiede del veleno, alterna spezzoni di farneticazioni politiche ad attacchi di rabbia furiosa e a regressioni da misero ammalato, sembra farsi luce in lui la coscienza del fallimento. Se le situazioni si degradano e gli stimoli superano una certa soglia, suggerisce l’Autore, la dignità di cui il personaggio aveva cercato di rivestirsi (anche con l’inganno) quando era in auge si frantuma e lascia emergere tutta la miseria dell’uomo “denudato”. Questo vale anche per tutti noi e riguarda il tema del confronto con la malattia e la morte. Forse solo il grande Luigi poteva dire: Les rois ne sont pas malades, ils meurent.
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